L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tra Matinées e Soirées, Beethoven a sorpresa

 di Alberto Ponti

Il festival Rossini e dintorni prosegue con il lato più estroverso del cigno di Pesaro

TORINO, 15 giugno 2018 - Non è cosa da poco l'incontro, a distanza di cent'anni, tra due grandi compositori. È quello che accadde nel 1935 tra Benjamin Britten (1913-1976), giovanissimo ma già in grado di dispiegare un eccezionale talento che l'avrebbe posto tra i protagonisti del Novecento, e Gioacchino Rossini (1792-1868). Le Soirées musicales op. 9 non sono semplici trascrizioni di pagine dell'omonima raccolta del pesarese quanto piuttosto ricreazioni delle inconfondibili atmosfere e melodie rossiniane con una sensibilità timbrica novecentesca ma non priva della divertita finezza dell'originale. I tre brani Canzonetta, Tirolese e Bolero (tratti senza troppe variazioni da La promessa, La pastorella delle Alpi e L'invito) sono infatti incorniciati da una Marcia e da una Tarantella in cui i temi rossiniani da Guillaume Tell e da La charitè fungono da pretesto per vere e proprie composizioni à la maniére de. Fedeli allo stesso principio, alimentato da un'orchestrazione fattasi nel frattempo ancora più raffinata e sontuosa, sono pure le successive Matinées musicales op. 24 (1941) capaci di chiudersi con un breve tour de force sinfonico basato su quel Moto perpetuo dai Gorgheggi e solfeggi per canto e pianoforte che solamente il pennello di un genio come Britten poteva dipingere in altra veste senza cadere nel ridicolo. Fabio Luisi, venerdì 15 giugno per la seconda volta alla testa dell'Orchestra Sinfonica Nazionale dopo il debutto dello scorso autunno, affronta le due suites divertendosi moltissimo, trasmettendo un entusiasmo contagioso a tutti i musicisti. In realtà il suo gesto misurato e spontaneo, di una chiarezza sempre esemplare che lo rende uno dei direttori di oggi più belli a vedersi, nasce da un'indagine sul suono capillare e scientifica. Come in poche altre occasioni, l'orchestra ci è parsa distillare ogni singola nota con lucida consapevolezza, in un gioco di rimandi tra le varie sezioni fluido e brillante, rapinoso all'ascolto.

Una medesima intensità espressiva percorre da cima a fondo le celebri sinfonie di Semiramide (1823) e Guillaume Tell (1829), i più elaborati e grandiosi contributi dati da Rossini all'ouverture operistica. L'Andantino in 6/8 di corni e fagotti che apre la prima, nell'incedere della calda melodia appena venata da un'ombra di mestizia, sotto la bacchetta di Luisi contrasta letteralmente con l'esplosione di vitalità del successivo Allegro, nell'incontenibile tema di note ribattute forgiato dalla pazza corsa dei violini e tosto guizzante nei flauti per espandersi in un gioco sublime destinato ad espandersi in uno di quei clamorosi crescendo che resero l'autore così popolare già ai suoi tempi . Il continuo moltiplicarsi di sorprese, di gioiosi trasalimenti in partiture tante volte udite è forse il più bel risultato conseguito dal maestro genovese in questo repertorio e dà l'idea di una direzione di alto livello, lontana da formule generiche, rigorosa e appassionata allo stesso tempo, attenta a valorizzare la tipicità di scritture anche distanti tra loro, dai trilli bucolici del Paesaggio alpestre agli staccati implacabili del galop del Guillaume Tell.

L'indisponibilità del basso-baritono Luca Pisaroni ha portato, in sostituzione delle quattro arie in programma, all'esecuzione della Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93 (1812) di Ludwig van Beethoven (1770-1827). Nella lettura del pezzo notissimo, e quindi doppiamente difficile, Luisi e L'Orchestra Sinfonica Nazionale emergono per una cura del timbro niente affatto scontata, evidente fino nei passi in pianissimo e nell'Allegretto scherzando, secondo movimento in cui Beethoven imita in punta di penna il ticchettio del metronomo, all'epoca appena inventato dall'amico Johann Nepomuk Maelzel.

Pubblico non numerosissimo (un vero peccato per un concerto di prim'ordine) ma entusiasta ed elettrizzato da repertorio e interpreti. L'appuntamento con uno dei migliori direttori italiani, che a Torino ha già lasciato il segno, si rinnoverà ad aprile 2019, in coppia con il violinista Nikolaj Znaider, nell'impegnativo concerto di Edward Elgar.


 

 

 
 
 

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