L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La musica del pensiero, la musica delle cose

 di Roberta Pedrotti

La sesta sinfonia di Mahler inaugura la stagione sinfonica del Comunale di Bologna con la bacchetta intelligente e autorevole di Juraj Valčuha.

BOLOGNA, 2 febbraio 2019 - Un tiro di schioppo, una bottiglia di champagne stappata a tempo di musica... così, ogni anno a Capodanno, il concerto augurale dei Wiener Philharmoniker ci ricorda la gioiosa e giocosa presenza di oggetti inconsueti nell'organico dei walzer, marce e polke dell'Austria felix. Tornando indietro nella memoria, pensiamo, sempre a Vienna e dintorni, alla Kindersinfonie (o Sinfonia dei giocattoli), o alle pagine mozartiane per strumenti meccanici.

Mahler, nella stessa Austria felix, mostra l'altra faccia della medaglia nell'introduzione del giocattolo, dell'oggetto, o anche semplicemente del gesto teatrale nelle sue sinfonie: gli strumentisti chiamati ad alzarsi in piedi, la cornetta da postiglione con la sua precisa collocazione spaziale o, nella Sesta, i campanacci e il martello. I piani si moltiplicano, il discorso musicale ingloba elementi extramusicali, ingloba il visibile così come il suono concreto, quel “quasi rumore” che è un elemento fisico indeterminato rispetto all'esattezza della sua dimensione armonica, melodica, dinamica e agogica dell'orchestra. Quasi la scrittura nella sua forma classica rappresentasse lo sviluppo del pensiero, il suo percorso razionale anche in quello che potremmo definire irrazionale perché mosso da una logica interiore non così facilmente conoscibile e determinabile. In questo mondo sonoro emergono o si affacciano elementi esterni, anche in forma di ricordi o pulsioni interiori che come tali gesti e oggetti prendono forma. La natura, le passeggiate alpine tanto amate da Mahler echeggiano quando nel suo pensiero compaiono esattamente – non mediati da una qualche traduzione strumentale determinata – i campanacci dei pascoli; gli esiti estremi del tortuoso pensiero, del dibattersi fra un'ansia propulsiva e la pace accogliente rappresentata dal tema di Alma si scontrano nell'ultimo movimento con l'inesorabile, tonante precipitare del martello. Tutti i fili tessuti finora giungono, chiari e consunti, alla resa dei conti: Mahler accumula tensione su tensione, con quel processo spasmodico del pensiero in cammino senza requie, senza speranza di una meta definitiva, slancio vitale intellettuale inappagabile ed eterno anche contro i colpi del Fato (immagine della realtà esterna o forse proiezione di turbamenti interiori). Siamo condotti al limite massimo, ma la meta è elusa, la sinfonia si ripiega sfinita nella dolcezza degli ultimi accordi che si dissolvono nell'aria.

L'architettura perfetta della Sesta Sinfonia, Tragica, mantiene la sua forza logica, drammaturgica, strutturale quale che sia la versione scelta: lo stesso Mahler ondeggiò, nel corso della sua vita, nello stabilire l'ordine dei due movimenti centrali, quasi a suggerire che una vera soluzione preferibile non esista, fra l'incalzare immediato dello Scherzo – e dunque la declinazione della marcia come eterno cammino, feroce e militaresco, opprimente o ironico e vitale – o, viceversa, l'apparizione anticipata dell'Andante moderato. L'alternanza dei contrasti declina in prospettive differenti il discorso, ma senza che un'opzione ne offuschi la logica consequenzialità.

Juraj Valčuha opta per l'ordine Allegro energico, ma non troppo. Heftig, aber marking – Andante moderato – Scherzo. Wurtig – Finale. Allegro moderato. Dall'esposizione contrastante del primo movimento libera, dunque, l'abbandono più lirico prima di scatenare il grande crescendo che precede la dissoluzione finale, eco di quell'Andante ormai lontano. Rispetto alla prima assoluta (in cui l'Andante figurava terzo movimento), viene anche accolta la successiva decisione di rinunciare alla triplicità del colpo di martello, quasi a non suggellare, ma lasciare viepiù aperto il discorso anche dopo lo spegnersi dell'ultima nota. Tutta la sua lettura, peraltro, gioca la carta dell'ambiguità, della potenziale molteplicità di significati strettamente correlati nella fitta trama orchestrale. Con decisione esige e ottiene dai professori del Comunale di Bologna una delle migliori prove sinfoniche, dipanando questo fraseggio intelligente e coerente in un suono compatto e ben definito, che anche nel massimo della sua potenza – e quasi prepotenza – non perde mai il controllo e la misura del colore. Nel fortissimo del pieno orchestrale gli strumenti continuano a cantare, non strillano. Nel pianissimo il suono resta presente, sottile ma non fragile. Gli interventi solistici, i dialoghi fra singoli strumenti isolati dal cosmo orchestrale sono delineati con cura, soppesando gli equilibri e lo sfumare fra l'uno e il molteplice, fra l'infinito e il solitario.

Valčuha affronta con piglio consapevole il sistema complesso e sublime, l'universo interiore che Mahler delinea nella sua sinfonia e conduce l'orchestra a dare il meglio di sé, regalando a Bologna un'inaugurazione da ricordare per la stagione concertistica, un'inaugurazione che speriamo sia di buon auspicio per i prossimi appuntamenti mahleriani di quest'anno: la seconda sinfonia diretta da Asher Fisch in aprile, la quinta con Dan Ettinger in novembre.

foto Andrea Ranzi - Studio Casaluci


 

 

 
 
 

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