L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Sogni e manie

di Roberta Pedrotti

L'Intrattenimento musicale a uso esclusivo dei devoti ammiratori del genio di Rossini scritto da Sergio Ragni, nonostante la posizione apparentemente defilata in orario mattutino, è uno degli appuntamenti di maggior pregio di questo Rof 2022.

PESARO, 19 agosto 2022 - Può un evento delle 11 del mattino, di quelli che nelle semplificazioni finiscono per essere chiamati “minori” o “collaterali”, diventare uno dei massimi successi di un Festival? Rossinimania è un ciclo da sempre soggetto ad esiti estremi, per sua stessa natura di omaggio creativo, alla ricerca dell'inconsueto, dell'imprevisto, dell'imprevedibile, ma se si mette insieme la squadra giusta e alla sua testa si pone Sergio Ragni, il successo è assicurato. Chi meglio del gentiluomo napoletano, monumento non solo degli studi, ma anche e soprattutto dell'amore totalizzante che si può provare per Rossini, poteva tracciare la drammaturgia di questa “mania”? Non sentiamo la voce di un erudito, ma di un amico, e ci sentiamo nella sua cerchia.

Difatti, ecco che tutti gli ingredienti sono dosati a dovere: un pretesto narrativo metateatrale, giocoso e fiabesco (l'attore che interpretava l'orso nella Cambiale di matrimonio del 2020 va in letargo come un vero plantigrado e al risveglio ci racconta il suo incontro in sogno con Gioachino Rossini), recitazione e canto che si compenetrano lasciando sempre più spazio alla musica con ritmo perfetto. Ragni lascia trasparire la sua personalità (fra le mogli del compositore Isabella batte Olympe senza scampo), dispiega il suo sapere senza sfoggiarlo, con spirito e leggerezza partenopee, commuove, infine, quando si presta come attore nell'epilogo.

Per coadiuvare il lavoro di Ragni, è senz'altro prezioso il lavoro di regia di Matteo Anselmi, che veste anche i panni dell'orso e condivide la parte attoriale con Ernesto Lama (Tommasino nella Gazzetta), davvero impagabile per la sua capacità di incarnare Barbaja, Metternich e il cameriere di Passy, figure diversissime anche nella condivisione di un medesimo volto (vera e propria maschera).

Con loro interagiscono tre cantanti alle prese con arie da camera rossiniane accompagnate da Rubén Sànchez-Vieco al piano: il basso Giorgi Manoshvili ha vocalità di bella grana nobile, capace di piegarsi con scioltezza al belcanto salottiero; il tenore Matteo Roma ha acquisito un centro sempre più consistente e brunito, mentre l'acuto non pare averne risentito; Andrea Niño è un mezzosoprano di bello smalto, tanto da risultare plausibile, nel gioco del sogno, come evocazione anche di Adelina Patti pur senza tradire la propria natura. La palma delle primedonne, però, la dobbiamo conferire, nel duetto Li marinari, a Roma e Manoshvili nei panni en travesti delle sorelle Carlotta e Barbara Marchisio, mitiche per la loro arte quanto per la loro poco apprezzata avvenenza. Si ride e si ride bene, senza sguaiataggini, e, l'abbiamo detto, ci si commuove anche un po'. Alla fine è inevitabile che, in un Teatro Rossini ben popolato anche a prescindere dall'orario, si applauda a lungo e con gioia.


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