L'arte della sprezzatura
di Roberta Pedrotti
Ottimo esito per il concerto in memoria di Matteo Beschi, prima tromba della Filarmonica Toscanini spentosi prematuramente lo scorso febbraio. Andrea Lucchi è solista d'eccezione e Alessandro Bonato bacchetta d'alto profilo in piena sintonia con l'orchestra emiliana.
PARMA, 2 dicembre 2023 - Le Variazioni su un tema di Haydn e la Quarta sinfonia di Brahms costituiscono un abbinamento pressoché ideale per l'arco di quasi naturale consequenzialità che unisce due opere nate a dodici anni di distanza, summa dell'elaborazione del modello classico e dell'espressione sinfonica che a quel modello e a quell'elaborazione indissolubilmente si lega. Un impaginato prezioso, naturale ma non troppo frequente nella programmazione (ricordiamo giusto nella scorsa primavera Gatti con l'Orchestra Mozart: Bologna, concerto Gatti / Orchestra Mozart, 11/04/2023), che oggi con la Toscanini di Parma trova il suo cardine nella proposta centrale del Concerto per tromba in mi bemolle maggiore Hob. VIIe/1 di Haydn. La serata, infatti, è dedicata alla memoria di Matteo Beschi, prima tromba dell'orchestra, spentosi lo scorso febbraio a soli cinquantun anni per una malattia dal decorso brevissimo. Telethon, la ricerca medica in generale e sul cancro in particolare sono gli ospiti d'onore, perché l'affetto e il ricordo devono essere anche uno stimolo per guardare avanti. Sul palco, nella musica, il posto d'onore fra i due Brahms lo occupa invece la tromba di Haydn, con solista Andrea Lucchi, prima parte di Santa Cecilia e già nello stesso ruolo alla Toscanini. Il virtuosismo non fallisce un colpo e riesce a splendere nell'Allegro del primo movimento e in quello del Rondò finale senza tradire un senso dello stile e del legato che si esalta nell'Andante centrale. La stessa qualità musicale che si ritrova nel bis, trascrizione per tromba e orchestra di The Nearness of You di Hoagy Carmichael, canzone del 1938 resa con swing delicato ed elegantissimo.
In entrambi i casi la Filarmonica Toscanini si mostra assai duttile nell'aderire a stili diversissimi e nel relazionarsi con il solista sotto la guida di Alessandro Bonato. Il nobile suono neoclassico si colloca come una sorta di pietra del paragone rispetto alle due partiture brahmsiane, per le quali è punto di riferimento e con le quali condivide il senso della sprezzatura - la disinvolta eleganza nel far apparire l'arte più ricercata come semplice natura. Già le Variazioni sono, infatti, una sorta di manuale tecnico di concertazione, per il trattamento del tema e il ventaglio dinamico e agogico in cui si rinnova, ma il segreto sta, appunto, nel non esporle come un catalogo o un prontuario, bensì come una continua metamorfosi che sia anche una riflessione sull'essenza stessa dell'idea musicale e riesca a non apparire un esercizio di stile, una mera esibizione intellettuale.
Tutto questo si ribadisce nella Quarta sinfonia, che colpisce ancor più se si pensa al confronto con il primo approccio di Bonato alla partitura, nemmeno due anni fa ma in una situazione ben diversa: ancora nella necessità di distanziamenti, mascherine e controlli continui, vibrava in sottofondo una sottile angoscia [Ancona, concerto Prandi/Bonato, 14/01/2022]. Oggi le inquietudini che animano la sinfonia di Brahms prendono una vita diversa, si distendono in tempi più morbidi, come se di fronte ai tormenti e ai dolori della vita l'arte potesse comunque rispondere con un controllo, in fondo, più sereno e maturo. Ciò emerge anche dal rapporto con un'acustica infelice come quella dell'Auditorium Paganini, che tende a offuscare i dettagli e appiattire le dinamiche, ma che stasera viene gestita al meglio, lasciando trasparire una bella sintonia fra direttore e orchestra. Ecco che, allora, un gioco in realtà continuo e assai sottile di sfumature può apparire quasi spontaneo, naturale, con sprezzatura, appunto, e non con lezioso compiacimento. Anzi, dal prender forma del primo moto in medias res, soffice e inquieto, di movimento in movimento fino al maestoso richiamo bachiano e all'affermazione finale si delinea un arco unico e consequenziale in cui il cesello del particolare è fondamento irrinunciabile di un discorso unico, di uno sguardo ampio su tutta la partitura. L'elemento singolarmente mobile e inafferrabile concorre a una costruzione solida e sicura.
Meritato successo, alla fine, per questo cocnerto che non segna solo il ricordo di un musicista scomparso prematuramente, ma anche il passaggio di testimone, al vertice della Toscanini, fra il sovrintendente uscente Alberto Triola e il neonominato Ruben Jais. Ottima chiusura e ottimo inizio, non c'è che dire.