L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Zeus, il Cigno e il Titano

di Roberta Pedrotti

A distanza di un mese dal precedente concerto dedicato a Mendelssohn e Schumann, Alexander Lonquich completa un ideale dittico con la Filarmonica Marchigiana affrontando Beethoven e Mozart, con un doveroso omaggio a Rossini.

PESARO, 24 febbraio 2025 - Dopo Mendelssohn e Schumann, ecco Mozart e Beethoven. Si compone così una sorta di dittico ideale che vede Alexander Lonquich attraversare il crinale fra Classicismo e Romanticismo insieme con la Filarmonica Marchigiana. In locandina abbiamo il Quarto concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven incorniciato fra la prima (K. 16) e l'ultima (K. 551, la Jupiter) sinfonia di Mozart, un percorso suggestivo in cui il direttore solista conferma, con la sensibilità del musicista, anche una virtù tecnica e comunicativa esaltata soprattutto al pianoforte.

Il concerto di Beethoven risulta, infatti, essere il pezzo forte (e più applaudito) del programma, in cui, oltre al dominio dello strumento, si ammira il fraseggiare cristallino, di purezza olimpica anche nell'esprimere la profondità della lettura e condividerla con spirito cameristico con un'orchestra particolarmente reattiva. Lo si percepisce in maniera emblematica già dall'incipit, con il pianoforte che progressivamente, quasi a tentoni, dà forma al tema che i colleghi raccolgono e sviluppano, si ammira nella pregnanza poetica che non viene mai meno in tutta l'estensione della cadenza, nella sostanza delicatamente sfumata dell'Andante con moto che trapassa nell'abilissima articolazione del Rondò, in cui varietà coloristica e nobile gusto vanno di pari passo. Davvero una prova maiuscola, salutata dal pubblico con inevitabile entusiasmo e richieste di bis. A Pesaro, in omaggio a Rossini nella settimana dedicata al suo “non compleanno” nella cui programmazione si iscrive anche questo concerto della ICO (Istituzione Concertistico Orchestrale) regionale, il prediletto Schumann cede il posto al genio locale e Lonquich propone come fuori programma La pesarese. Non è un pezzo del suo repertorio e compare sul leggìo per l'occasione, sicché la consueta nonchalance tecnica (bellissimo il pianissimo sfoggiato in una delle riprese del tema principale) fa rimpiangere ancor più che la produzione pianistica del festeggiato Gioachino entri a fatica nel baule dei grandi concertisti. Peccato, perché fra gli album dei Péchés de vieillesse si trovano tante perle da cui emergono l'ammirazione per Bach, l'appartenenza allo stesso ambiente di Chopin o l'anticipazione di Satie. Il fatto che in sala – e non fra spettatori casuali, bensì in habitué dell'Ente Concerti della città dove da quasi mezzo secolo si svolge il Rossini Opera Festival – qualcuno mormori di non aver mai sentito prima pezzi pianistici rossiniani fa riflettere su quanto ancora ci sia da scoprire per il pubblico e per gli interpreti.

Ritornando ai binari del rapporto Beethoven-Mozart, nel confronto ravvicinato fra la sinfonia n. 1 e la n. 41 del Salisburghese Lonquich conferma l'intelligenza del suo sguardo sintetico sulle complessità del Classicismo e del primo Romanticismo. La partitura del bimbo Amadé e quella del trentaduenne che tanto ha scritto, vissuto e a cui poco tempo resta ancora sono affrontate con cura devota, alfa e omega di un percorso il cui approdo sommo non sottovaluta il punto di partenza, ma nemmeno lo grava di sproporzionate prospettive teleologiche. La prima sinfonia è letta con bel piglio ed eleganza, nell'ultima l'acribìa filologica dell'integralità assoluta sottolinea nel finale un senso di solenne apoteosi, summa e sintesi di un grande arco dialettico. Questa tensione del pensiero di Lonquich si concretizza nel gesto direttoriale con meno nitore e immediatezza rispetto al gesto pianistico, nel quale la comunicazione del far musica insieme emergeva palpabile. Quando sale sul podio, sembra fermarsi un passo indietro rispetto a quando siede alla tastiera, ma siamo sempre ad alti livelli, con un'orchestra che sa quando può abbandonarsi al respiro comune o è meglio rimanere sull'attenti, sollecita garanzia di un buon risultato.

Difatti, a Pesaro come il giorno prima a Montegranaro, anche questo secondo pannello del dittico pianistico sinfonico con Lonquich è un meritato successo che ci regala anche momenti da incorniciare.

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