Falstaff veneto
Il Filarmonico di Verona apre la stagione con il titolo che inaugurò il teatro ricorstruito nel 1975, ricordando così i cinquant'anni della sala e i duecento dalla morte di Salieri.
VERONA 22 gennaio 2025 - Il Teatro Filarmonico di Verona è, sotto alcuni punti di vista, diverso dagli altri. Spesso, quasi sempre, lo storico edificio teatrale mostra il suo volto elegante, in qualche importante luogo della città facendosi ammirare per la bella architettura. Il Filarmonico, però, sembra volersi nascondere, nonostante sorga quasi nella celebre Piazza Bra. L’ingresso normalmente avviene dalla via dei Mutilati, una traversa del corso Porta Nuova, mentre la bella facciata storica è quasi celata dietro il cancello di ferro che si apre in occasione delle prime rappresentazioni dei titoli in cartellone.
Oggi mettendo il piede nel foyer o nella sala Maffeiana del Teatro Filarmonico non si riesce immaginare l’edificio di Bibbiena distrutto, in uno stato che non lasciava quasi sperare nella ricostruzione. Eppure, il teatro dei veronesi ricorda la storia della fenice risorta dalle ceneri: nel 1975 i suoi battenti furono riaperti al pubblico con un titolo oggi raro, Falstaff ossia Le tre burle di Antonio Salieri nato a Legnago, non tanto lontano dalla città di Romeo e Giulietta. Nel 1975 si celebrarono centocinquant'anni dalla morte del compositore, nel 2025 c’è un’altra ricorrenza d gli anni sono duecento: ecco svelato il motivo della decisione della Fondazione Arena d’inaugurare la stagione lirica 2025 col titolo per la prima volta va in scena nell’edizione critica a cura di Elena Biggi Parodi (Casa Ricordi, Milano).
Falstaff, ossia Le tre burle, composto nel 1799, è una delle più fortunate opere di Salieri anche se il libretto di Carlo Prosperi Defranceschi ridusse quasi all’osso la commedia shakespeariana Le allegre comari di Windsor, ovviamente,senza sopprimere episodi celebri come il crudele scherzo della cesta del bucato e la burla finale. E cosa dire della musica? Non sarà un capolavoro, ma un prodotto tipico dei suoi tempi: del resto, la maggior parte dei compositori contemporanei di Salieri furono buoni professionisti soggetti alle regole ferree della loro epoca.
Paolo Valerio firma la produzione assumendo il doppio compito di regista e costumista; per scenografie e proiezioni è affiancato da Ezio Antonelli e per le luci da Claudio Schmid. Questo grazioso, leggiadro Falstaff viene spostato a una Venezia settecentesca, scelta più comoda che originale. Vista molte volte anche la partecipazione massiccia di mimi e comparse coordinati da Daniela Schiavone; il sospetto della paura del vuoto da parte della squadra è inevitabile e ne soffrono soprattutto le opere buffe. Nel Falstaff veronese gli interventi dei mimi sono massicci; pur gradevoli e divertenti, non evitano una certa ripetitività, ma sono accettabili.
Nel cast veronese, molto ben assortito, domina, senza dubbio, Giulio Mastrototaro nel ruolo del titolo, per il quale ha tutte le carte in regola. Un uomo piacente e un “animale da palcoscenico”, dona il proprio fascino al personaggio rendendolo simpatico in ogni occasione. Disinvolto nelle movenze, esperto nella recitazione, raffinato nei recitativi, impeccabile nell’accento: fa scappare tanti sorrisi e godere di un canto solido e corretto. Gilda Fiume dimostra il lato brillante del proprio talento: la voce bella e cristallina, il gusto di stare in scena, la recitazione intelligente e “birichina” fanno anche di lei l’autentica star della serata. Alla comare furbetta fa da buona spalla il marito Ford affidato a Marco Ciaponi, dalla voce morbida e affascinante di tenore lirico leggero che ricorda alcuni celebri artisti del passato, e dalla tecnica solida. Gli interpreti della coppia Slender sono all’altezza dei Ford: Michele Patti e Laura Verrecchia sono entrambi in possesso di voci belle e della tecnica impeccabile. Romano Dal Zovo (Bardolf) e Eleonora Bellocci (Betty) completano dignitosamente il cast.
Sul podio, Francesco Ommassini si trova in piena armonia con i propri musicisti. Molto partecipe il coro della Fondazione Arena di Verona preparato da Roberto Gabbiani; non solo canta benissimo, ma riesce a diventare un vero “personaggio” della simpatica vicenda.
La stagione lirica veronese apre l'anno in maniera brillante, spigliata, scherzosa: cosa vogliamo di più?
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