L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Prisma senza tempo

di Roberta Pedrotti

La stagione lirica dell'Orchestra Haydn prosegue con una riuscita nuova produzione del Satyricon di Maderna firmata da Tonino Battista, concertatore, e Manu Lalli, regista.

BOLZANO, 13 febbraio 2025 - Prosimetro: una forma ibrida di versi e prosa che i ricordi scolastici subito associano a una satira mordace nutrita di paradosso e grottesco, come nell'Apokolokýntosis, ludus de morte Claudii (Zucchificazione, in morte di Claudio) di Seneca o il Satyricon di Petronio. Proprio l'originale molteplicità strutturale sembra aver ispirato Bruno Maderna per tradursi in una moderna babele di stili e idiomi, in cui, sì, l'uso dell'inglese, del tedesco, del latino o del francese corrisponde a un preciso ambito espressivo (la narrazione, il potere economico, il vano filosofeggiare, l'eros), ma anche, come puro fonema, a un linguaggio musicale, a una materia sonora, significante e di per sé funzionale, in relazione con la forma aperta di una sorta di mosaico di moduli indipendenti e intercambiabili, di elementi registrati ed esecuzione dal vivo, di citazioni e di generi.

Alla forza centrifuga di tale molteplicità corrisponde quella centripeta del genio di Bruno Maderna, ma è legittimo chiedersi, oggi, se l'allestimento di Satyricon non vada incontro al rischio comune delle avanguardie, quello cioè di mostrarsi rapidamente invecchiate fuori dal contesto che le ha viste nascere. La Fondazione Haydn ha dimostrato che l'attualità, ahinoi, intramontata del testo (quanti Trimalchio siedono ai vertici del mondo?) può andare di pari passo con l'attualità dell'opera di Maderna, che mantiene tutto il suo mordente nello spazio raccolto del Teatro Studio di Bolzano. Siamo praticamente immersi nella scena, coinvolti in un gioco di sguardi con cantanti e attori. Definire questi ultimi figuranti sarebbe riduttivo, ma ancor più desta ammirazione constatare che nella maggior parte non si tratti di professionisti quanto di studenti formati per l'occasione. Un gruppo i cui cognomi raccontano le origini più disparate, una molteplicità composita perfettamente in linea con Petronio e Maderna, partecipe e perfino propositiva nei contenuti. Ne va reso merito senz'altro alla regista e costumista Manu Lalli (scene di Daniele Leone e luci di Gianni Mirenda), che, forte della sua esperienza negli spettacoli con e per bambini e scuole, integra il coinvolgimento formativo in una precisa idea drammaturgica condivisa con il direttore Tonino Battista. I quadri si susseguono in maniera ciclica, simmetrica (la ripresa di Love's ecstasy risuona dilatata, psichedelica, quasi un'overdose al limite dello stordimento e della nausea), ma la decadenza assoluta si iscrive in un germe di possibile speranza, con una bimba (Greta Sacco) che dapprima reca una purissima sfera trasparente e infine torna con una piantina nascente. Al centro, non c'è bisogno di enfatizzare i legami con il presente: semmai se ne suggerisce l'eterna attualità con un intreccio di toghe, abiti settecenteschi ed elementi contemporanei che costituiscono una sorta di autonarrazione, un gioco di specchi attraverso il tempo e fuori da esso. Anche ciò che è legato al nostro quotidiano come le scarpe rosse associate alla violenza e alla prevaricazione di genere compare con una delicatezza, perfino, che evita ogni didascalismo. Viceversa si sovraccarica (in senso positivo, come liberazione carnascialesca), complici anche non indifferenti riferimenti cinematografici, la percezione di una simbologia storica puramente espressiva, drammaturgica, irrealistica, come del resto è anche l'uso della lingua come suono e di diversi linguaggi musicali nel Satyricon.

È davvero magistrale, sotto questo profilo, il lavoro di Tonino Battista nel plasmare un autentico teatro musicale, proteiforme e compatto, infinitamente sfaccettato nel suo vertiginoso gioco di incastri, ben assecondato da un'orchestra Haydn prontissima nel vestire mille maschere, fra citazioni letterali o camuffate in un magma stilistico, fra opera ottocentesca, musical, cabaret e nuovi linguaggi novecenteschi (a proposito, va citato Luca Vianini per il live electronic). Il cast, eclettico e variegato anch'esso, non è da meno: Marcello Nardis è ormai un esperto della parte di Trimalchio, già affrontata a Venezia nel 2023 per i cinquant'anni dalla prima assoluta, e la rende con disinvolta, grottesca autorevolezza anche scenica. Ottimo l'Habinnas di Joël O'Cangha, personalità incisiva e bella vocalità tenorile in stile musical. Costanza Savarese esibisce una spericolatezza sui generis nei panni di Fortunata e di Scintilla, che divide con Gloria Tronel per i pezzi d'assieme. Eleonora Bardonaro e Patrizia Polia completano l'incisivo quadro femminile come Quartilla e Criside; David Ravignani è uno stralunato Eumolpus e a Renzo Ran spetta la parte di Nicerus.

Il bel gioco di squadra, propiziato da Battista e Lalli, è premiato dal pubblico e conferma la bontà dell'impostazione di una stagione in cui sfilano il grande repertorio (Rossini e Puccini) con il Novecento storico (Schönberg e Maderna, dai quali comunque il Toscano non è distante) e il barocco (Handel), senza mai trascurare il dialogo con il pubblico e, soprattutto, le scuole.

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