L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La sorpresa della seconda compagnia

di Giuseppe Guggino

Una recita pomeridiana sulla carta priva di elementi di interesse si rivela sorprendentemente entusiasmante per l’ottima Lucia di Aigul Khismatullina e per l’ancor più rilevante Edgardo di Matteo Desole. Nonostante l’imperdonabilità di tagli scriteriati e inaccettabili in tempi moderni la presenza di voci dalla caratura d’altri tempi catalizza una prova sugli scudi di Daniel Oren in buca.

Bologna, 23 febbraio 2025 - È un’uggiosa domenica pomeriggio. Ci si ritrova congiunturalmente a Bologna e al Comunale Nouveau – che bellissimo non sarà e perdipiù è anche un poco fuori mano – si dà una Lucia di Lammermoor tagliata e diretta da Oren secondo la più retriva tradizione, inoltre con una seconda compagnia priva di nomi di spicco. Anche l’allestimento proveniente da Bergamo si sa non essere memorabile, per cui l’inerzia suggerisce di non scomodarsi neanche. Eppure l’inquietudine da ascoltatore curioso la vince e si decide di andare comunque. All’ingresso nel para-foyer, però, si apprende che la Lucia della seconda compagnia – peraltro il nome più interessante da ascoltare sulla carta – è indisposta e rimpiazzata da una sostituta last minut scovata in Russia, che non ha neanche preso parte alle prove. E stavolta è l’inquietudine a suggerire di tornarsene indietro, sebbene tocchi adesso all’inerzia vincere nel frangente: «ormai siamo qua, vediamocela!»

E allora si pazienta che si levi il sipario su questa pomeridiana finché non entra Oren per attaccare un preludio in cui gli spiccati ribattuti degli archi non lasciano presagire nulla di buono. Sono il sonoro e ben timbrato Normanno di Marco Miglietta e le frasi incisive e compatte del Coro istruito da Gea Garatti Ansini a far segnare l’inversione di tendenza. Il giovane e baldanzoso Maxim Lisiin nei panni di Enrico si guadagna un’apertura di credito con la sua sortita, e si attende quindi la russa Aigul Khismatullina che, pur facendo ricorso alla gestualità un poco affettata tipica dell’area slava, si presenta con un’impostazione vocale di tutto rispetto: voce salda e omogenea in tutta la gamma, ben proiettata, timbro gradevole, gusto ben sorvegliato, agilità un poco caute ma efficienti e allora il commento mentale che fa capolino è: «Ah, però!».

È la volta quindi dell’Edgardo di Matteo Desole, e qui si salta sulla poltroncina per la pregevolezza del timbro; nel duetto lui tornisce le frasi con gran cura, lei non è da meno, la sintonia è perfetta anche se sappiamo che non hanno avuto modo di provare insieme. Dal canto suo Oren conferma battuta per battuta le sue qualità di eccellente accompagnatore al servizio delle voci alla testa di un’Orchestra dal suono abbastanza levigato; ma non si fa in tempo a realizzare queste riflessioni che si è già nel duetto con Enrico, tanto selvaggi sono i tagli praticati. Anche qui Oren sembra ispiratissimo nella scelta degli stacchi agogici e il baritono conferma di meritarsi ampiamente le aperture di credito, ma senza neanche accorgersi di Francesco Leone che sembrerebbe pur un plausibile Raimondo (se solo lo si fosse potuto ascoltare in qualcosa oltre il racconto dell'ultimo atto e qualche frase di sutura, giacché è defraudato dell’aria nella sua totalità) e si è già nel bel mezzo del finale primo che – a parte l’ordinario sposino di Vincenzo Peroni che fa il paio con l’Alisa di Miriam Artiaco – vola via a meraviglia, con il solo difetto di risultare fin troppo fugace, nonostante le bellissime scelte agogiche praticate dal podio, tutt’altro che affrettate.

Dopo l’intervallo, trascorso a commentare compiaciuti il livello sorprendentemente (ed insperabilmente) rilevante della distribuzione, la seconda parte si riduce essenzialmente alla grande scena di Lucia e a quella conclusiva di Edgardo. Aigul Khismatullina cesella una scena della follia pressoché da manuale, sciogliendo anche quelle comprensibili cautele esibite nella sortita del primo atto, tanto che la temperatura degli applausi è tale dal lasciare presagire un bis che, invece, non arriverà. Non è da meno Desole che mantiene la freschezza dell’emissione fino in fondo, esibendo un controllo di fiati, delle dinamiche e delle intenzioni interpretative da scafatissimo tenore di primo livello.

La risposta del pubblico è calorosissima, nonostante il dimenticabile allestimento la cui sciatteria non merita molte parole oltre quelle spese nella recensione della prima (leggi qui: leggi la recensione). Nel poter scegliere con tutta calma dove desinare per cena, tanto la pomeridiana s’è conclusa con congruo anticipo rispetto alle attese, rimane l’amaro in bocca di non aver ascoltato questa sorprendente seconda compagnia in un contesto di maggiore accettabilità testuale. Onore al merito del Comunale di Bologna nell’averla assemblata, pur nell’anacronistico demerito d’aver assecondato la mutilazione donizettiana: che dagli errori si tragga insegnamento.

Leggi anche:

Bologna, Lucia di Lammermoor, 20/02/2025

Catania, Lucia di Lammermoor, 21/04/2024

Bergamo, Lucie de Lammermoor, 18/11/2023


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