L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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teatro Gabriello chiabrera, savona, opera giocosa

Giovedì 23 novembre 2017, ore 10.30 Spettacolo per le scuole

Giovedì 23 novembre 2017, ore 20.30

L'ATTESA

di Mikael Tariverdiev

Atto unico

Libretto tratto dal poema omonimo di Robert Rozhdestvensky

Prima rappresentazione: 1984, Festival La Primavera del Don

Soprano: Mirella Di Vita

Pianoforte: Dario Bonuccelli

Regia: Mariya Chamkina

PRIMA ESECUZIONE NAZIONALE

Produzione Teatro dell'Opera Giocosa di Savona in collaborazione con Conservatorio Niccolò Paganini di Genova, Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro Sociale di Camogli.

IL TELEFONO

di Gian Carlo Menotti

Opera Comica in un atto

Libretto di Gian Carlo Menotti

Prima rappresentazione: 18 febbraio 1947, Heckscher Theater, New York

Cantanti e Orchestra del Conservatorio “N. Paganini” di Genova

Direttore Antonio Tappero Merlo

RegiaLorenza Codignola

Produzione Teatro dell'Opera Giocosa di Savona in collaborazione con Conservatorio Niccolò Paganini di Genova, Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro Sociale di Camogli.

 

L’Attesa

Atto unico di M. Tariverdiev su libretto di R.Rozhdestvensky

Introduzione e trama

Immaginiamo la scena: una città di sera. Sotto l'orologio si trova una donna che aspetta la persona amata. Lui è in ritardo. L’attesa di lei, i suoi ricordi, le sue speranze costituiscono il contenuto di questa piccola opera, chiamata dall’autore “mono-opera”.

Ma non è una semplice scena quotidiana: è come se, per caso, “Lei” venisse strappata dall’inquadratura e diventasse simbolo femminile universale.

Tutto quello che succede in questa mezz’ora di rappresentazione, che risulta sostanzialmente statica, è un avvicendarsi di emozioni – irrequietezza, gioia, paura, tristezza, speranza – belle o brutte, che si insinuano nella mente della protagonista. Un percorso emotivo ed emozionale che prende corpo quasi esclusivamente nella musica, nel canto e nell’accompagnamento puntuale del pianoforte.

La donna, in piedi, aspetta. Prova a pensare perché lui sia in ritardo. Poi comincia ad essere preoccupata. In seguito sembra che qualcosa gli sia accaduto. L'orchestra fa sentire un' "ambulanza" che passa. E, nel finale, anche un orologio che batte il tempo.

Suddividiamo, secondo la visione della regista, la partitura in sezioni, ad ognuna delle quali verrà dato un nome, corrispondente ad un particolare stato d'animo della donna:

  1. In attesa della felicità.

  2. Attesa e rabbia verso se stessa.

  3. Contemplazione.

  4. Attesa.

  5. Tristezza pensando a se stessa.

  6. Attesa.

  7. Ansia, allarme, ambulanza, irrequitezza.

  8. Preghiera.

  9. Sogno o desiderio di felicità.

  10. Miracolo, estasi, realizzazione del sogno, felicità pura.

  11. Freddo, uscita dal sogno (fiaba).

  12. Tragedia, rabbia, senso di abbandono, solitudine.

  13. Preghiera.

  14. Dolore, convinzione del fallimento.

  15. Anima, grido di dolore.

  16. Attesa.

  17. Preghiera.

  18. Battito del cuore.

L’opera è stata composta sul poema di Robert Rozhdestvensky, che scrisse su suggerimento dello stesso Tariverdev: Michael Tariverdiev aveva da tempo il desiderio di scrivere una mono-opera, sulla scia de La Voce Umana di Francis Poulenc.

La trasformazione in libretto del testo originale comporta tuttavia delle modifiche, specie nella delineazione del personaggio, che da ordinario diviene molto più nobile, elevando la donna protagonista ad un simbolo femminile alto ed universale.

La prima esecuzione orchestrale viene eseguita nel 1984 al Festival La Primavera del Don, dove Tariverdiev partecipa con la delegazione dell'Unione dei Compositori. L'opera viene eseguita da Elena Komarova e dall'Orchestra Sinfonica di Rostov diretta da Semyon Kogan.

Queste le parole riportate in Biografia della Musica della moglie, Vera Tariverdeva “Ero presente alle prove e alla prima rappresentazione dell'opera nella Sala degli Ufficiali. E ho assistito alla reazione dei primi spettatori. La sala era piena. Dopo il finale sommesso, nel momento in cui il direttore ha abbassato le mani, la sala è rimasta avvolta da un grande silenzio. Ho visto gli occhi delle donne pieni di lacrime. Ho visto l' imbarazzo sulle facce degli uomini. E soltanto dopo una lunga pausa sono cominciati gli applausi. Chiamarlo un grande successo probabilmente sarebbe sbagliato. Non è stato solo un successo. È stata una reazione interiore e profonda dal significato espresso con tutta la sua chiarezza: un gran numero di persone che immerse in uno stato d'animo non desiderano separarsene. Ho sentito quella stessa pausa molte altre volte in numerose sale teatrali. È come se il compositore avesse scritto quella pausa fra le note.”

La partitura (in questo caso lo spartito per pianoforte) fa praticamente tutto: a fronte di una scena piuttosto statica, la musica è mobilissima nel descrivere i mutevoli stati d’animo della donna, tormentata da emozioni differenti e più o meno repentine, che si susseguono nel corso dell’opera. Una mezz’ora di rappresentazione che vuole riflettere il tempo reale di un’attesa e tutto ciò che può accadere nella mente di una donna che aspetta un uomo, anzi, quell’uomo.

Il compositore si concentra sul dramma interiore, tutto è scritto nella musica.

Né il testo né la musica sono contestualizzati, ma noi avvertiamo questo luogo come una città, una città moderna, un mondo fatto di persone, di oggetti, di suoni e rumori, di luci e di immagini: un luogo e un “non luogo” dove l’anima della donna si perde, si dispera, freme, cerca la felicità e….attende.

 

Il Telefono, ou L’amour à trois

Atto unico di Gian Carlo Menotti su libretto proprio.

Introduzione e trama

Preludio musicale.

Il sipario si alza sulla casa di Lucy, in cui entra Ben. Il ragazzo ha il treno a breve: dà un regalo alla fidanzata e la informa di avere qualcosa di molto importante da dirle. Squilla però il telefono. Lucy risponde e comincia una lunga chiacchierata con l'amica Margaret. Finalmente, a cornetta abbassata, Ben può riprendere il discorso interrotto, ma...il telefono squilla di nuovo. È qualcuno che ha sbagliato numero. Il tempo vola e Ben ha paura di perdere il treno...sarà mica tardi? Lucy, premurosa, telefona per sapere che ora è. Ben è visibilmente nervoso e tenta di nuovo di parlare, ma...il telefono! Questa volta è George, amico di Lucy, che pare molto arrabbiato e che ferisce Lucy con il suo tono e le sue parole. La ragazza è sconvolta e si mette a piangere. Ben è tentato di tagliare il cavo del telefono, ma la ragazza torna in tempo nella stanza per "scongiurare" il gesto: ora deve assolutamente chiamare Pamela per confidarsi con lei. Ben, disperato, se ne va e Lucy rimane sola nel buio della stanza. Fuori si intravede Ben, che è entrato in una cabina telefonica per riuscire a parlare con lei e chiederle, finalmente, di sposarlo. Lucy accetta, ma si raccomanda con il ragazzo di non dimenticare mai il suo numero di telefono.

Gian Carlo Menotti, pur se di chiare origini italiane, viene considerato un compositore americano, visto che si trasferì oltreoceano all'età di sette anni. Compositore prolifico e originale, Menotti ha un suo stile inconfondibile, molto influenzato dai "gusti del mercato", ma originale e degno di nota.

Tra le molte opere per il teatro troviamo The telephone, ou L'amour à trois , rappresentato per la prima volta il 18 febbraio 1947 all'Heckscher Theatre di New York.

Il breve atto unico, della durata di circa venti minuti, appartiene al genere comico ed è adatto, per la sua semplicità di allestimento, ad essere abbinato con opere disparate.

La trama è spassosa e risulta per noi molto attuale, prendendo di mira uno degli oggetti più in uso nella quotidianità: allora era a fili, oggi è il cellulare, ma è pur sempre il telefono, il vero "vizio" della società. Addirittura diventa anche lui personaggio dell'opera, con squilli studiati ad hoc - veri e propri pezzi chiusi - a seconda della situazione scenica.

Vera protagonista è Lucy, cui spettano pezzi impegnativi, in stili differenti, supportati da un puntuale accompagnamento orchestrale. Il baritono, oltre all'aria elegiaca che difende l'amata dagli improperi di George, si deve accontentare di balbettii a commento dell'esuberanza vocale del soprano.


 

 

 
 
 

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