L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Dall'Italia a Vienna

 di  Andrea R. G. Pedrotti

Il baritono italiano Paolo Rumetz è ormai di casa a Vienna, membro stabile dell'ensemble della Wiener Staatsoper. Impegnato, così, in un repertorio vasto e variegato ci racconta la sua esperienza artistica nella capitale austriaca.

Quali sono stati i tuoi inizi?

Ho cominciato come comparsa a Trieste, poi sono passato al coro, dove sono rimasto per alcuni anni. Poco dopo il direttore musicale del Verdi mi fece debuttare in un piccolo ruolo nella Ariadne auf Naxos di Richard Strauss. Successivamente fui selezionato dalla scuola di musica di Fiesole, nell'ambito del progetto Mozart-Da Ponte. I master erano di Claudio Desderi e, in tre anni, ho eseguito l'intera trilogia italiana con Don Giovanni, Così fan tutte e Le nozze di Figaro. Ho studiato, dopo il conservatorio, con Renato Guelfi, poi ho fatto poche, utilissime lezioni con Bruscantini. I miei maestri di riferimento sono stati Yoko Takeda e Josef Metternich.

Quali sono state le tappe principali dei primi anni?

Inizialmente la mia carriera si è sviluppata in Italia. Fino a tutti gli anni novanta ho cantato principalmente ruoli del Rossini buffo, o del Donizetti brillante. Il primo ruolo verdiano importante non fu in Italia, ma a Fiume, in La traviata. In Italia è molto difficile passare da un repertorio buffo a uno serio, perché si viene inquadrati in alcuni ruoli. Negli anni successivi alla Traviata di Fiume sono riuscito ad affrontare parti come Jago o Amonasro a Trieste. Poi ho fatto Pagliacci e La Bohème a Verona, quindi un repertorio principalmente da lirico pieno.

Com'è nato il tuo approdo all'ensemble della Wiener Staatsoper?

Nel 2010\2011 in Italia è cominciata la crisi che ha investito anche i teatri. Nel 2013 ho avuto occasione per entrare nell'ensemble qui a Vienna. Il mio predecessore faceva principalmente ruoli buffi e avevo dei dubbi, ma dei miei amici viennesi mi hanno consigliato di presentarmi con il mio curriculum e il mio repertorio, perché non sarebbero mancate le occasioni.

Come si è svolta l'audizione?

Quando ho fatto l'audizione, mi hanno ascoltato come Dulcamara e ho avuto una recita di prova che andò molto bene e scattò il contratto.

Come ti sei trovato con le esigenze dell'ensemble di un teatro come la Wiener Staatsoper?

Qui nella mitteleuropa tutti i teatri fanno molto repertorio, cosa che garantisce moltissime alzate di sipario e hanno bisogno di un ensemble che copra i titoli: quando arrivai, avevo altri contratti e feci notare il mio repertorio. Il mio primo anno a Vienna capitò l'occasione di sostituire un collega nel Roberto Devereux con la Gruberova. Mi dettero fiducia e feci tutte le recite: era il 2013 ed ero appena arrivato.

Roberto Devereux fu una grande occasione, ottenuta grazie alla tua presenza nell'ensemble: quando pensi sia accaduta la vera svolta?

Nel 2014 capitò la grande occasione: io ero cover e non avevo mai cantato Rigoletto in vita mia. Il titolare era Simon Keenlyside, ma si ammalò e mi chiamarono alle dieci del mattino per la prova alle undici. Cantai a lato del sipario, perché non conoscevo la regia, poi feci anche la generale e arrivò la prima durante la quale dovetti subentrare nel terzo atto. Alla fine feci anche tutte le altre quattro recite. Da allora ho avuto molte possibilità anche in ruoli seri.

Avete audizioni per essere confermati nell'ensemble? Come vengono assegnati i ruoli?

Non facciamo audizioni particolari, il contratto biennale o quadriennale viene rinnovato di volta in volta. Ci sentono in palcoscenico, senza che dobbiamo fare audizioni. È necessario comunque sapere che bisogna tenersi a disposizione anche per ruoli piccoli.

Ultimamente ho fatto poche piccole parti. Spesso ci ritroviamo, per esempio, a dover preparare dei ruoli sapendo che non li canteremo effettivamente. Mi è capitato altre volte, per esempio nel Falstaff di Zubin Mehta, di dover subentrare dalla mattina alla sera nel ruolo eponimo.

Gli unici personaggi che tornano ciclicamente sono Bartolo, Dulcamara e Don Magnifico, un po' meno Taddeo.

Come vi preparate per essere sempre pronti a un repertorio così ampio?

Il teatro ha una decina di pianisti che, oltre a suonare alle prove delle varie opere, si devono tenere a disposizione per farci preparare i ruoli. Lavoriamo ogni giorno una o due ore.

Il tuo lavoro si sviluppa, a parte Vienna, quasi esclusivamente in Paesi di lingua tedesca.

Sì, ho cantato parecchio nei Paesi di lingua tedesca: Austria, Svizzera e Germania, mentre in Italia non sono praticamente più tornato. Negli anni, a Zurigo, ho conosciuto il direttore che è stato più determinante per me: Nello Santi con cui ho lavorato moltissimo.

Lavorando a Vienna, ti capita spesso di confrontarti con grandi artisti internazionali.

Dai direttori che passano c'è sempre molto da imparare e anche fra i colleghi della mia corda si sente il meglio a disposizione. Penso ad Alvarez o Tézier, che partono sempre dalla linea di canto anche nel verismo. La ricerca del bel suono e del cantabile sono fondamentali.

Sempre a proposito di produzioni eccellenti, da poco hai partecipato a un grande evento come il ritorno del dittico Cavalleria Rusticana e Pagliacci...

Cavalleria rusticana mancava a Vienna da cinque anni ed ero all'interno di un cast fantastico e una regia meravigliosa.

Com'è il lavoro con un'orchestra prestigiosa come quella di Vienna?

L'orchestra di Vienna è una delle prime al mondo. Qui abbiamo, a differenza dell'Italia, un'orchestra specializzata in un repertorio sinfonico, oltretutto a Vienna abbiano strumenti diversi, come i corni e i contrabbassi. I suoni degli ottoni sono particolarmente brillanti: è un'orchestra che per sua natura suona molto forte e la buca della Staatsoper è molto larga e molto alta: serve un grande direttore...

Come ti trovi nella sala di Vienna? Come sono strutturate le prove?

Prima della seconda guerra mondiale il teatro di Vienna assomigliava al Verdi di Trieste, seppur molto più grande. Ora la forma è leggermente più allungata facendo assomigliare la sala ancor più a un auditorium per concerti. Ricordiamo che trattandosi di un teatro che prevede moltissimo repertorio, normalmente, non abbiamo prove d'orchestra. Per le Premieren, invece, sono previste sei settimane di prova.

Per Cavalleria rusticana abbiamo fatto due prove d'orchestra e una settimana circa di musicali, una prova all'italiana e una d'orchestra. Alcune opere, come Elisir d'amore, si provano pochi giorni. Il direttore viene alle prove, ma, come noi, vede l'orchestra il giorno della recita: proprio per questo ci vuole un gran personalità dal podio, anche considerando la natura dell'orchestra.

È una logica questione di tempi, legata alla mole di produzioni. L'orchestra ha certamente dei sostituti, ma può accadere che i professori siano impegnati la mattina, per esempio, a provare Parsifal all'opera, per spostarsi nel pomeriggio al Musikverein per una sinfonia di Mahler, per poi tornare la sera all'opera e suonare Il barbiere di Siviglia.

E com'è l'acustica di un teatro così grande?

La Wiener Staatsoper è il secondo teatro più grande d'Europa, ma ha un'acustica molto buona anche in palcoscenico. È comunque una sala che vuole delle voci piuttosto particolari, bisogna sempre proiettare molto anche nei centri. Io non trovo particolari difficoltà e mi sono trovato sempre molto bene, fin dalla prima audizione che ho fatto direttamente in sala.

Se ti chiamassero per altri ruoli fuori da Vienna, come potresti gestirti con il tuo contratto dell'ensemble?

Bisogna programmare per tempo, ma se si volessero fare degli spettacoli con chiamate dell'ultimo minuto, diventerebbe impossibile partecipare. Il mio repertorio, poi, rappresenta la maggior parte dei titoli che vengono rappresentati a Vienna e sono quasi l'unico a fare da cover su alcuni ruoli. Per un giovane è un'opportunità assoluta. 

Hai mai pensato di tornare esclusivamente un libero professionista?

Non penserei mai di lasciare la realtà viennese, anche se mi piacerebbe molto tornare in Italia per qualche titolo. Le ultime cose sono state fatte a Trieste. Non sono più tornato in Italia: l'unica esperienza è stata un Conte di Luna la scorsa estate al Festival di Oderzo.

Il festival di Oderzo si svolge d'estate, quindi a teatro chiuso avete libertà di movimento.

Ovviamente d'estate (luglio e agosto) abbiamo libertà di movimento. Inoltre abbiamo un mese di ferie che va concordato. Appena arrivato avevo dei contratti già firmati, ma non mi hanno fatto nessun problema, nemmeno nel periodo d'apertura del teatro.

Da alcuni anni a Vienna non è presente un direttore musicale, ma con la prossima gestione arrivera Philippe Jordan.

Oramai è qualche anno che Franz Welser-Möst non è più direttore musicale. La mia prima produzione all'interno dell'ensemble è stata una Fanciulla del West con lui, ma se n'è andato subito dopo. Sicuramente un maestro che possa dare un'impronta all'orchestra aiuterebbe moltissimo. Jordan è un ottimo direttore e ha un ampio repertorio: le premesse ci sono per un aiuto sia all'orchestra, sia a noi cantanti.

Grazie a Paolo Rumetz.

foto Michael Pöhn


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