L’Ape musicale

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Indice articoli

TOSCA

di Giacomo Puccini

Puccini pensava già a Tosca nel 1895, quando La bohème non era ancora terminata. Con quest’opera, il compositore affronta una drammaturgia lontana da quella che aveva caratterizzato ManonLescaut e Labohème, opere dallo sviluppo frammentario, dove l’approfondimento psicologico prevale sull’intreccio. Il confronto di personaggi nell’ambito di un’azione serrata e lineare, in cui si esaltano passioni elementari e si esaspera la tensione emotiva, su uno sfondo storico che legittima letture in chiave etico-politica, avvicinano Tosca a una drammaturgia analoga a quella della tradizione incarnata da Verdi e proseguita dagli autori veristi. Non a caso Verdi stesso aveva manifestato interesse per il dramma, e sintomaticamente in Tosca, la più verdiana delle opere di Puccini, giganteggia un personaggio affidato al registro di baritono. Nel libretto, il personaggio di Scarpia è portato in primo piano, diventando un eroe negativo dalla complessità psicologica affascinante. Nel sadismo di Scarpia – efferato e devoto, sensuale e aristocraticamente distaccato – Mosco Carner riconosce un tratto tipico dell’arte fin de siècle: la rappresentazione dell’emozione erotica nella sua dimensione patologica.

Tosca fu eseguita al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio 1900, alla presenza della regina Margherita, e fu accolta con disorientamento da pubblico e critica. Sull’opera è sempre pesato l’equivoco di un presunto sbandamento di Puccini in direzione verista. Ma la scelta di una drammaturgia più lineare e la ricerca di un’elevatezza tragica che si traduce in una maggiore tensione della vocalità, non dovrebbero far passare in secondo piano gli elementi di continuità con i precedenti successi di Puccini (il personale ricorso a Leitmotive nell’uso di “reminiscenze logiche”, la costruzione melodica “a mosaico”, la correlazione tra i nuclei motivici, l’uso simbolico dei piani tonali), rispetto ai quali i materiali musicali si presentano se mai ulteriormente affinati per caratterizzare psicologie ambigue e complesse.

ATTO I

A Roma, nel 1800, il prigioniero politico Cesare Angelotti, evaso dalla prigione, cerca rifugio in Sant’Andrea della Valle. Il pittore Mario Cavaradossi, che vi sta dipingendo, lo soccorre e lo aiuta a nascondersi quando sopraggiunge la sua amante Floria Tosca. La celebre cantante è insospettita dall’atteggiamento di Cavaradossi. Quando riesce a congedarla, Cavaradossi si allontana con Angelotti. Intanto si prepara la celebrazione del Te Deum per festeggiare la (presunta) sconfitta di Napoleone a Marengo. Il clima gioioso è spento dall’ingresso del barone Scarpia, il sinistro capo della polizia, sopraggiunto sulle tracce di Angelotti. Ritorna anche Tosca la cui gelosia, risvegliata dall’assenza del pittore, è alimentata da Scarpia, che conta di manovrarla a proprio vantaggio. Tosca si allontana furente, pedinata dai poliziotti. Durante il Te Deum Scarpia, in preda a una morbosa eccitazione, pregusta la cattura di Cavaradossi e la conquista di Tosca.

ATTO II

Scarpia sta cenando a palazzo Farnese. Da un salone attiguo giunge la voce di Tosca, che esegue una cantata per la vittoria. Cavaradossi, catturato dai poliziotti, è condotto al cospetto di Scarpia e interrogato perché riveli il nascondiglio di Angelotti. La sua resistenza non è fiaccata neppure dalla tortura ma Tosca, intanto sopraggiunta, è sconvolta dalle grida dell’amante e rivela il nascondiglio di Angelotti. Rimasto solo con lei, Scarpia la ricatta: se gli si concederà, lei e Cavaradossi saranno liberi. Tosca acconsente e Scarpia finge di ordinare per Cavaradossi una fucilazione simulata. Ma mentre compila il salvacondotto, Tosca si impadronisce di un coltello e quando l’uomo le si accosta per abbracciarla, lo uccide.

ATTO III

All’alba, sulla piattaforma di Castel Sant’Angelo, Cavaradossi si prepara ad affrontare la fucilazione. Tosca lo raggiunge, e mostrandogli il salvacondotto gli spiega che dovrà fingere di cadere sotto la scarica a salve del plotone di esecuzione. Ma quando i soldati si allontanano, Tosca si trova ad abbracciare il cadavere dell’amante. Intanto i poliziotti hanno scoperto l’uccisione di Scarpia e si precipitano per arrestarla: ma Tosca preferisce gettarsi nel Tevere, invocando la giustizia divina.

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