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Se Verdi parla all’Italia di oggi

Nel centenario di Arrigo Boito, artefice della seconda versione, Myung-Whun Chung torna a dirigere Simon Boccanegra, l’opera in cui Verdi riflette amaramente sulla storia d’Italia.

Leo Nucci, Krassimira Stoyanova, Fabio Sartori e Dmitry Belosselskiy nel cast

L'opera in breve

Soggetto

Myung Whun Chung

I cantanti: biografie

Federico Tiezzi

Note di regia

Dall’8 febbraio al 4 marzo torna in scena per otto rappresentazioni Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi con la direzione del Maestro Myung-Whun Chung nella ripresa dell’allestimento del 2010 firmato da Federico Tiezzi; nella parte di Simone canta Leo Nucci, Krassimira Stoyanova è Amelia mentre Fabio Sartori è Gabriele Adorno e Dmitry Belosselskiy Fiesco. Il Maestro Chung è tra i più autorevoli interpreti di quest’opera umanissima e disperata, che dopo le recite alla Scala del 2016 ha portato con grande successo in tournée al Teatro Bol’šoj di Mosca e, in forma di concerto, a Seoul e Shanghai facendone un manifesto della cultura italiana. Il M° Chung tornerà sul podio dal 18 giugno per un altro capolavoro “politico”: Fidelio di Beethoven nella messa in scena di Deborah Warner con cui si è inaugurata la Stagione 2014/2015.

Se con Nabucco (1842, libretto di Temistocle Solera), recentemente interpretato alla Scala proprio da Leo Nucci con la direzione di Nello Santi nello spettacolo di Daniele Abbado, Verdi si era imposto come compositore nazionale dando voce generosa alle ottimistiche aspirazioni di libertà del Risorgimento, Simon Boccanegra (1857, libretto di Francesco Maria Piave rielaborato per l’edizione 1881 da Arrigo Boito) è l’opera della disillusione in cui si dipinge il conflitto tra l’ideale patriottico e un’italianissima coazione alla divisione, al fratricidio. La cupezza della tinta orchestrale, la prevalenza delle voci gravi, il contrasto tra gli interni claustrofobici dei luoghi del potere, la tenerezza tormentata degli affetti privati e gli spazi aperti del mare esprimono il radicale pessimismo di Verdi, che è anche amara conoscenza del carattere dei suoi connazionali. Un aspetto sottolineato dalla messa in scena di Federico Tiezzi (che ha incontrato il pubblico lo scorso 26 gennaio alla Fondazione Feltrinelli) che muove dall’ambientazione trecentesca ma riporta l’ultima scena al tempo di Verdi per concludere l’opera con uno specchio che riflette gli spettatori. Verdi, ci dice Tiezzi, raffigura insieme l’Italia delle Repubbliche trecentesche, quella del suo tempo e quella di oggi. Fu in vista della ripresa del 1881 che Verdi volle rendere ancora più esplicita l’esortazione agli Italiani a superare i particolarismi inserendo nel libretto l’episodio delle lettere inviate dal “Romito di Sorga” - Francesco Petrarca - ai Dogi di Genova e Venezia: “Adria e Liguria hanno patria comune”. Le modifiche al libretto per la seconda edizione erano di mano di Arrigo Boito, di cui nel 2018 ricorre il centenario della nascita. I rapporti tra Verdi e Boito (poeta, compositore, organizzatore culturale e a Milano cofondatore della Società del Quartetto), nati sotto cattiva stella a causa di alcuni versi irriverenti del giovane scapigliato, trovano in Simon Boccanegra un primo terreno di collaborazione fattiva, destinata a maturare nei libretti per Otello (1887) e Falstaff (1893), entrambe scritte per la Scala.

Opera radicalmente innovativa nella struttura drammaturgica (i fatti rappresentati nel Prologo precedono di 25 anni l’azione dell’Atto I), non del tutto trasparente nel disegno narrativo abbozzato dallo stesso Verdi e versificato dal Piave, e decisamente insolita per la cupezza del colore orchestrale, Simone cadde alla prima rappresentazione alla Fenice di Venezia nel 1857, fu applaudita poco dopo a Napoli e di nuovo fischiata alla Scala nel 1859. “Credevo di aver fatto qualcosa di possibile, ma pare che mi sia ingannato, vedremo in seguito chi abbia torto” scriveva Verdi alla contessa Maffei dopo l’insuccesso alla prima. Il sipario si alzò nuovamente su Simone oltre vent’anni dopo, grazie all’intuizione di Giulio Ricordi che propose a Verdi una collaborazione con Arrigo Boito. Boito apportò importanti modifiche al libretto, Verdi alla partitura: il Teatro alla Scala il 24 marzo 1881 celebrava il buon successo della seconda edizione del Simone, che tuttavia, soprattutto in Italia, non riusciva ad avere un cammino agevole. Alla Scala, Simone appare nel 1955 diretto da Francesco Molinari-Pradelli con uno spettacolo di Mario Frigerio che si avvale delle scene di Nicola Benois e delle voci di Aldo Protti e Cesare Siepi. Dieci anni dopo Gianandrea Gavazzeni, convinto sostenitore dell’opera, la riporta in scena in uno spettacolo firmato da Margherita Wallman e ancora Benois, con Guelfi e Ghiaurov come Simone e Fiesco; ma la consacrazione agli occhi degli studiosi e nel cuore del pubblico avviene il 7 dicembre 1971 con la storica edizione Abbado-Strehler che schiera Cappuccilli, Ghiaurov, Freni e Gianni Raimondi (in disco sarà José Carreras). Lo spettacolo, immediatamente riconosciuto come un capolavoro, è ripreso nel 1973, ‘76, ‘78, ‘79, ‘81 e ‘82. Occorre poi attendere il 2010 perché Daniel Barenboim riporti il titolo alla Scala con l’attuale spettacolo firmato da Federico Tiezzi e un cast formato da Plácido Domingo, Anja Harteros, Fabio Sartori e Ferruccio Furlanetto. Barenboim si alternerà con Stefano Ranzani nella ripresa del 2014, in cui Domingo e Leo Nucci si alternavano come Doge. La prima ripresa firmata da Myung-Whun Chung, salutata da un grande successo al Piermarini ma anche in tournée al Teatro Bol’šo e quindi a Seoul e Shanghai, è del 2016.

Myung-Whun Chung - il cui debutto alla Scala risale al 1989 sul podio della Filarmonica e al 1992 in buca per una sensazionale Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Šostakovič, cui sono seguite Salome, Madama Butterfly e Idomeneo - è un direttore di lunga esperienza verdiana: la sua incisione di Otello con Plácido Domingo è del 1994, ma in anni più recenti sono numerosi i titoli affrontati con autorevolezza e sensibilità impressionanti, in particolare alla Fenice di Venezia: ricordiamo La traviata, Rigoletto, Otello e Simon Boccanegra, per cui il M° Chung ha ottenuto il premio Abbiati della Critica Musicale Italiana come miglior direttore d’orchestra del 2014. Il M° Chung non aveva tuttavia mai diretto un titolo di Verdi alla Scala fino al Simon Boccanegra del 2016 (prima al Piermarini, quindi al Bol’šoj e in forma di concerto a Seoul e Shanghai) con cui si è aperto apre un percorso proseguito nel 2017 con Don Carlo nella versione in cinque atti (a 40 anni dall’edizione Abbado/Ronconi). Il M° Chung prosegue inoltre un percorso nel repertorio tedesco che dopo Der Freischütz di Carl Maria von Weber diretto nel novembre 2017 lo riporterà sul podio nel prossimo giugno per Fidelio di Beethoven nello spettacolo di Deborah Warner.


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