L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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NOTE DI REGIA

Andrea Cigni

Nell’opera sono presenti elementi drammaturgici chiari, che devono essere interpretati e raccontati per come sono stati pensati dal compositore e dal librettista.

Tosca è una storia dai contorni definiti, che si svolge in un contesto preciso, con netti riferimenti drammaturgici, storici, testuali e narrativi. Mantenendo come linee guida questi elementi, è possibile lavorare sulle ambientazioni, sul messaggio, sui contrasti drammatici che ritroviamo all’interno della vicenda, sulle dinamiche tra i personaggi affinché siano reali e vicini a chi guarda.

Tosca è un’artista, donna sensibile e profondamente appassionata, amante. L’arte caratterizza non solo la vita della protagonista, ma anche la vita del pittore Cavaradossi, anch’esso appassionato, sanguigno (anche politicamente). Due personaggi che vivono la loro storia d’amore in un momento storico ben delineato, che affrontano un percorso imposto da una serie di avvenimenti esterni negativi che li porterà a uno scioglimento finale tragico. Insieme cercheranno una via d’uscita, la loro libertà, in nome di un amore che li lega e di passioni che desiderano difendere.

Scarpia è l’antagonista, l’elemento negativo, che si appoggia a un potere religioso che viene usato per contrastare la loro storia d’amore, le loro vite, e che condiziona la vita di tutti i personaggi (Sagrestano, Spoletta, Sciarrone, ecc). La religione è “usata” da Scarpia per imporre un potere personale e piegare gli altri al proprio volere perverso e per certi aspetti blasfemo.

La morte in questa vicenda, ancorché tragica e probabilmente non voluta fino a che non rappresenta l’estrema ratio, è l’unica via di uscita possibile per la protagonista, vittima di un inganno crudele.

La morte è vista come liberazione. In modo molto forte la morte di Scarpia per mano di Tosca è una liberazione, la morte di Tosca attraverso il suicidio è la libertà da una vita di dolore. Per assurdo Tosca contribuisce alla morte di tutti direttamente o indirettamente.

Nel Primo atto la forza della religione, il suo essere assolutamente incombente, si manifesta con la processione del Te Deum. In uno spazio che è claustrofobico, opprimente, sacro, rigoroso. Che segue un “punto di vista” non regolare, non simmetrico, una fuga. Nel Secondo atto è la sala di Palazzo Farnese (con i simboli della religione costantemente suggeriti) e mantiene la stessa linea prospettica, assolutamente opprimente. Il Terzo atto è rappresentato dal disfacimento di questa oppressione in favore di un semplice cielo, presagio di morte.

La scena si compone così di tre luoghi con valori diversi. È uno spazio di grande forza (chiesa, palazzo, cielo) dentro al quale i personaggi si trovano ad agire, uno spazio della memoria, un agone drammatico.

Nella prospettiva, nella fuga delle linee dei primi due atti, lo spazio è volutamente carico di elementi simbolici e opprimente, nel terzo atto tutto scompare per lasciare spazio non più a simboli ed elementi didascalici e decorativi, ma ad un semplice cielo, riflesso dagli elementi che racchiudono la scena.

Ci sono i simboli dentro questo spazio, utili ed essenziali alla drammaturgia, ci sono gli ingressi, le aperture, la luce, il buio. C’è la “riflessione” di persone, spazi, simboli, oggetti (a significare il dualismo tra realtà e rappresentazione della stessa): in Tosca il dualismo tra realtà e finzione, tra religione e teatro, tra persone e personaggi è costantemente presente.

Desideriamo guidare lo spettatore, come farebbe una macchina da presa, in questo percorso verso la fine.

Più che il descrittivismo realistico delle situazioni è il senso drammatico evocato dalle situazioni, senza che manchi nulla di ciò che serve alla narrazione.

I personaggi sono reali, tangibili, in una chiave di lettura cinematografica, come se ci fosse sempre un punto di vista che guida lo spettatore dall’inizio alla fine, con un ritmo di azione incalzante e carico di tensione.

 


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