NOTE DI REGIA
La Traviata. Un'opera alla quale il pubblico novarese è da sempre affezionato, la più rappresentata al Teatro Coccia.
Forte sentimentalmente e di grande impatto.
Mi sono immaginato questa Traviata ambientata negli anni Sessanta del Novecento (cosa non nuova, dato che Verdi stesso nella prima rappresentazione la posticipò temporalmente). Nel pieno del boom economico, del benessere e della sempre crescente indipendenza femminile.
L'epoca de "La dolce vita", dell'emancipazione sessuale, della libertà.
A fare da sfondo alla vicenda non è Parigi, ma si intravedono Novara, il Teatro Coccia, la Piazza dei Martiri e il suo Castello. Una scelta che è un omaggio al teatro, alle maestranze che lavorano a questo allestimento e a tutte le persone che mandano avanti questo luogo e la sua importante storia.
Il teatro della nostra città che è stato e rimarrà sempre un punto fermo e linfa vitale della cultura italiana.
Così in questi luoghi si aggira Violetta Valèry, e insieme a lei viviamo il tormento, la solitudine, e la accompagniamo in questo percorso doloroso che la porta a morire abbandonata da tutti.
Sola, in presenza di allucinazioni o fantasmi del passato che tornano spesso nella mente, ma impalpabili, sottolineando ancora di più la desolazione che la circonda.
Alla fine, comunque, il suo morire è un non morire: la vedremo tornare al Teatro Coccia, alla sua città e quindi alla vita e all’arte, come in un gioco metateatrale dove tutto riparte da dove è iniziato, in maniera circolare.
Renato Bonajuto