L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Musica nei vigneti

di Daniele Valersi

La musica contemporanea è di casa tra i vigneti dell’Alto Adige. Dopo una pausa di due anni a Magrè riprende Vin-o-Ton, con Mathilde Wantenaar quale compositrice in residenza

MAGRE', 1° ottobre 2022 - A Magrè, in provincia di Bolzano (sulla Strada del Vino), il 1° ottobre si è tenuto il concerto Vin-o-Ton, evento riproposto con una nuova formula dopo due anni di assenza. Promotrice dell’iniziativa, basata sull’interazione tra cultura della sostenibilità ambientale e forme attuali della musica, è l’azienda vinicola Alois Lageder, che ha avviato questo progetto musicale nel 2007 valendosi della direzione artistica del compositore austriaco Thomas Larcher. Il soggetto è la musica contemporanea: ogni anno un compositore o una compositrice trascorre diversi giorni a contatto con l’attività ecosostenibile dell’azienda, che coltiva i vigneti seguendo il metodo biodinamico; la partitura ispirata da questo soggiorno è eseguita in prima assoluta l’anno successivo. Non viene assegnato alcun tema da svolgere, pertanto l’artista si trova a potersi esprimere senza condizioni predeterminate. Ne sono stati ospiti Johannes Maria Staud, Sir Harrison Birtwistle, Aureliano Cattaneo, Thomas Larcher, Helena Tulve, Toshio Hosokawa, Matan Porat, Gregor Amadeus Mayrhofer, Edmund Finnis, Eduard Demetz; per quest’anno l’impegno di compositrice in residenza è toccato all’olandese Mathilde Wantenaar, personalità già affermata in patria, che oggi vede i suoi lavori eseguiti da formazioni quali l’Orchestra Sinfonica nazionale olandese, Amsterdam Sinfonietta, Wishful Singing e da solisti quali Yuja Wang, il Quartetto Brodsky con Virpi Räisänen, Simone Lamsma. Nel variegato panorama musicale contemporaneo, Wantenaar esprime un’attitudine alla consonanza, un’estetica che predilige modalità fluenti e garbate, anche se le sue opere non mancano di energia e di solidità. La prima esecuzione del ciclo Lieder der Vergänglichkeit per flauto, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte e soprano era affidata al gruppo belga Het Collectief (Ton Fret, Julien Hervé, Wibert Aerts, Martijn Vink, Thomas Dieltjens, Miguel Sanchez-Cobo) e al soprano Katrien Baerts; nel programma, oltre al brano in “prima”, anche partiture di Thomas Larcher (My illness is the medicine I need), Johannes Schöllhorn (Barcarolle e Prélude II, da Serigraphies) e Rob Zuidam (Serres impies). Svettava la voce di Katrien Baerts, di timbro non marcato, anzi, piuttosto fredda e anodina, confacente ai brani della compilazione, alcuni dei quali richiedono prontezza nel realizzare intervalli impegnativi e buona tenuta nelle note lunghe, soprattutto nelle varie gradazioni di piano e di pianissimo. Con accortezza e con intonazione costantemente buona, sostenuta da un supporto strumentale sempre controllato, mai prevaricante, Baerts impiegava tanto la voce ferma, come nel dissonante brano di Larcher, quanto il vibrato, come nelle gradazioni di “forte” del multiforme ciclo Serres impies di Zuidam. La sonorità di Het Collectief era mirata al buon funzionamento dell’insieme piuttosto che a far risaltare le “voci” dei singoli strumenti; ne risultava un’esecuzione inappuntabile per sincronicità ma generalmente incolore, anche nei brani strumentali di Schöllhorn; siamo tuttavia convinti che ciò corrisponda a esigenze delle partiture e che in tal modo si sia ottemperato alle intenzioni degli autori. Infatti, il “Prélude” e la “Barcarolle” di Schöllhorn fanno parte della raccolta “Sérigraphies”, in cui l’autore dichiara di realizzare una serigrafia musicale, ovvero vede sé stesso come un operaio che fa passare dei colori attraverso il telaio serigrafico; così una Barcarola di Fauré viene filtrata attraverso un tessuto strumentale regolare, “normalizzante”, che ricorda la trama di un retino, risultandone a tratti riconoscibile e a tratti completamente mutata. Il ciclo di Mathilde Wantenaar, i “Lieder della transitorietà”, esprime felicità e tristezza allo stesso tempo. Per rendere la consapevolezza del carattere ciclico della natura e della sua transitorietà, l’autrice ha scelto delle poesie di autori tedeschi di varie epoche, in carattere con questo stato d’animo bivalente, per intesservi delle partiture che risultano coerenti con il suo proprio stile. Le liriche del Minnesänger Oswald von Wolkenstein, del seicentesco Martin Opitz, di Joseph von Eichendorff (XVIII-XIX sec.), di Wolfgang von Goethe, di Rainer Maria Rilke sono rese con quel carattere postimpressionista e con l’amabilità che si ritrovano in altri lavori di Wantenaar. La consistenza effimera della bellezza, l'appassionata invocazione notturna del Wanderer, il crepuscolo della primavera, la meditatività di un giorno d’autunno ma soprattutto la gioia e tla enerezza sono resi, rinunciando a priori a stratagemmi sonoramente descrittivi, con mezzi suggestivi e allusivi: trattamento melodico del registro sopranile (ma anche inserti che ricordano un recitativo), strumentazione omogenea, senza strappi, con qualche cesellatura timbrica. Indulge invece a modalità espressionistiche Rob Zuidam nel ciclo delle “Serre sacrileghe”, nove canzoni ispirate al romanzo À rebours di Joris-Karl Huysmans. Centrale è la figura di Salomè in un dipinto di Gustave Moreau, descritta da Huysmans come “un grande fiore sensuale, nato da un seme sacrilego e allevato in serre di malvagità”. Uso della strumentazione intenso e molto variato, ma l’espediente di improvvise irruzioni in fortissimo dopo una lunga frase in pianissimo, alla ricerca dell’effetto-shock (uno dei più utilizzati in assoluto dell’armamentario espressivo contemporaneo), sortisce ormai un risultato banalizzante. Apprezzabile la laboriosità della partitura: rendere con l’arte dei suoni la malsana atmosfera decadente è una fatica improba e l’autore dimostra di non essere a corto di risorse nel trattare la bellezza e la dissoluzione di una flora morbosa, l’atmosfera viziata della serra che trascina la narratrice (la voce che dà corpo alle liriche) in un deliquio allucinatorio. Meritati gli applausi e le entusiastiche acclamazioni del pubblico nell’antico granaio di Casòn Hirschprunn, luogo deputato ad accogliere i concerti.

Daniele Valersi


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