L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'altra faccia della casa

di Roberta Pedrotti

Torna a Bologna l'allestimento di Werther firmato per la regia da Rosetta Cucchi. Sul podio Riccardo Frizza imprime una lettura cupa e tesa in sintonia con le prove di Dmitry Korchak e Annalisa Stroppa sul palco.

BOLOGNA, 24 novembre 2024 - Una casetta semplice, con il tetto spiovente, come la sagoma disegnata da un bambino, pura, ingenua e ideale. Per Werther è il sogno impossibile di un nido, è il calore, è la normalità da cui si sente escluso. Per Charlotte, però, è una prigione, sia la dimora paterna dominata dal ritratto della madre, sia quella coniugale, in cui la genitrice pure fa capolino di fronte a un'ordinatissima libreria che sa più di apparenza borghese che di vera cultura.

La produzione dell'opera di Massenet firmata da Rosetta Cucchi per la regia con le scene di Tiziano Santi, le luci di Daniele Naldi e i costumi di Claudia Pernigotti aveva debuttato al Comunale di Bologna nel 2016, in totale comunione d'intenti e temperamenti con la concertazione di Michele Mariotti e il Werther di Juan Diego Flórez [Bologna, Werther, 15/12/2016]. Torna ora – un po' compressa nello sviluppo verticale – al Comunale Nouveau con traiettorie musicali diametralmente opposte. Il che, forse, sulla carta potrebbe apparire curioso: come Mariotti e Flórez, anche Riccardo Frizza e Dmitry Korchak che troviamo sul podio e sulla scena oggi hanno un'assidua consuetudine con il Belcanto italiano di Rossini e Donizetti. Radice stilistica e tagli interpretativo non si devono considerare meccanicamente correlate e là dove otto anni fa avevamo atmosfere oniriche, quasi diafane, oggi nel tenore russo troviamo un Werther, sì, solitario e per certi versi distaccato, ma anche propenso allo slancio drammatico, all'espressione di forza disperata, a un canto più altero e vigoroso, come in un'altra faccia della medaglia della tradizione tenorile francese, quella più incline al declamato. Ciò comporta anche qualche durezza in “Pourquoi me réveiller”, tuttavia ben controllata e iscritta in una lettura coerente del personaggio, forte di una vocalità solida benché talvolta non nitidissima nell'articolazione del testo francese. L'indole drammatica di Korchak è peraltro condivisa con la concertazione di Frizza, assai attenta nel dominare le accensioni passionali, più propensa a un fraseggio asciutto e tagliente che ad abbandoni e slanci lirici, eppure dominata da un colore denso e cupo affine al temperamento del protagonista. La casetta non ci appare più il fulcro di un sogno/incubo, ma l'attenzione pare spostarsi sulla tenebra che la assedia, la stessa in cui spicca la poltrona bianca da cui Werther, spettatore della sua stessa vita, matura il suicidio.

Polo opposto rispetto all'eroismo autodistruttivo di questo Werther è la Charlotte di Annalisa Stroppa, che pure vive il personaggio nella voce in maniera totalizzante. Nel primo atto apprezziamo tutta la dolcezza del suo timbro ambrato: è la materna sorella maggiore capace ancora di sognare l'amore, di abbandonarsi a sogni adolescenziali, nonostante il peso della responsabilità e delle aspettative altrui. Dal terzo atto, la donna sposata, insoddisfatta ma votatasi al dovere, rinnova quella morbidezza nella matura malinconia di “Va, laisse couler mes larmes”. Viceversa, nell'aria delle lettere e nei due ultimi confronti con Werther è il dolore a prendere il sopravvento anche nel colore della voce, che rivela, con la passione invano repressa, anche il dolore spossante di un'esistenza infelice. Per lei come per Korchak alcune tensioni hanno un effutto ben controllato e funzionale all'espressione.

Sembra, invece, impassibile l'Albert di Matteo Guerzé: scelta convincente come la voce del giovane baritono. Si fa apprezzare anche la Sophie dal canto morbido e luminoso di Claudia Ceraulo. Con i bravissimi bimbi del coro dei voci bianche preparato dalla maestra Alhambra Superchi, completano la locandina Alessio Verna (Le Bailli), Xin Zhang (Schmidt), Dario Giorgelé (Johann), Yuri Guerra (Brühlmann) e Giulia Alletto (Kätchen), oltre agli attori della Scuola Alessandra Galante Garrone.

Calorosi applausi all'ultima recita, con ripetute richieste di bis per “Pourquoi me réveiller”.

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