Il battesimo di Rodelinda
Per la prima volta nei cartelloni dell’Accademia, Rodelinda, regina de’ Longobardi di Georg Friedrich Händel viene eseguita dall’ensemble barocco La Lira di Orfeo e da un cast di cantanti specialisti del repertorio: Karina Gauvin (Rodelinda), Raffaele Pe (Bertario), Luigi Morassi (Grimoaldo), Giuseppina Bridelli (Eduige), Mirco Palazzi (Garibaldo) e Rafał Tomkiewicz (Unulfo).
ROMA, 22 novembre 2024 – Rodelinda, Regina de’ Longobardi, che «si colloca all’apice della carriera händeliana» (L. Della Libera), viene eseguita (quasi integralmente), per la prima volta, nei cartelloni dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia da maestranze specialiste del settore, in forma di concerto. Innanzitutto, l’ensemble barocco La Lira di Orfeo, i cui strumentisti, di eccellente qualità, eseguono la parte orchestrale con notevole precisione, restituendo la vasta gamma di sfumature tipiche delle sonorità barocche, alquanto lontane dalla grande orchestra ottocentesca cui il pubblico è, solitamente, abituato. La Lira si assesta su un’agogica larga, cantabile, terreno eccellente per i virtuosismi del cast di cantanti, che si dimostra, però, di qualità diseguale rispetto a quello degli strumentisti.
La parte della protagonista, la regina Rodelinda, è sostenuta da Karina Gauvin. Dotata di una voce pastosa, ambrata, ben ordinata nella parte centrale e con un buon controllo anche degli acuti, la Gauvin manifesta, però, molti limiti nel fraseggio e, più in generale, nell’interpretazione del personaggio, restituendone un’immagine bidimensionale, almeno fino alla fine dell’atto II. Le arie del I atto vengono eseguite con un fraseggio impastato, poco limpido, oltreché con un piglio decisamente monocorde – forse si può salvare solamente «Ombre, piante», con il suo incedere ombroso, ma forse più per la scrittura händeliana che per meriti della cantante. La situazione migliora leggermente dal duetto finale del II atto, «Io t’abbraccio», dove le voci di Gauvin e Pe si armonizzano bene, nei drammatici giochi di contrappunto, splendidamente intessuti da Händel. Nel III atto, la Gauvin fa un salto di qualità, non così netto, ma comunque tale da lasciarsi apprezzare maggiormente (come nei recitativi e nell’aria «Se ‘l mio duol non è si forte»). Vera star della serata, fondatore dell’ensemble La Lira di Orfeo, è il controtenore Raffaele Pe, che brilla nella parte di Bertario. Sorta di rockstar della musica barocca, Pe si distingue sempre per una gestualità esagerata, fuori dalle righe, tipica, peraltro, del barocchismo à la mode; ma se si guarda oltre, Raffaele Pe restituisce un ottimo Bertario, anche grazie ad un volume di voce che mi pare rinforzato dall’ultima volta che ho avuto l’occasione di ascoltarlo (leggi la recensione). Pe si lascia apprezzare per coloritura del fraseggio (come in «Pompe vane di morte» e la successiva «Dove sei amato bene»), come pure nella velocità e pulizia delle fioriture – si pensi al finale dell’atto I, l’aria «Confusa si miri». I momenti più alti della sua performance rimangono, certamente, oltre al già citato duetto con Rodelinda (finale II), le due arie del III atto: innanzitutto, la drammatica «Chi di voi», «costruita con frasi irregolari, armonie dissonanti e cadenze interrotte» (L. Della Libera); e, poi, la celebre «Vivi tiranno», un tripudio di floridezza strumentale, condita dal pomposo squillo di ottoni e legni. Luigi Morassi, interprete di Grimoaldo, conferma decisamente le ottime impressioni ricevute quando esordì in Accademia nel Requiem mozartiano (leggi la recensione). Dotato di una particolarissima voce da baritenore, particolarmente adatta al repertorio barocco, Morassi colpisce per morbidezza di fraseggio, uniformità nei passaggi di registro ed un certo qual calore timbrico che lo rendono adattissimo al ruolo di Grimoaldo. Infatti, riesce sempre bene, dalla sua prima aria («Io già t’amai, ritrosa»), passando per l’elegiaca «Prigioniera ho l’alma in pena», o l’accesa «Tuo drudo, è mio rivale», fino all’ultima, «Pastorello d’un povero armento», straordinaria non solo per «il recitativo accompagnato Fatto inferno [dalle] linee melodiche spigolose, ritmi sconnessi e armonie cromatiche che descrivono brillantemente una mente squilibrata» (ancora Della Libera), ma anche per la fantasia pastorale del nucleo cantabile dell’aria. Colpisce, in particolare, la notevole ricerca cromatica di Morassi ed il gusto educato del suo mezzo vocale, che fanno ben sperare in un’ottima futura carriera. L’Eduige di Giuseppina Bridelli è buona, senza rimanere impressa: certamente, la Bridelli ha un buon mezzo vocale, ancorché poco potente – una sintesi dell’intera sua performance può essere ritrovata in «Quanto più fiera» (atto III). Semplicemente sontuoso il Garibaldo di Mirco Palazzi, un interprete dotato di musicalità sopraffina, coniugata ad un potente mezzo vocale, che domina con maestria, tanto nei recitativi che nelle arie: basti citare l’eccellente resa dell’aria «Di Cupido impiego i vanni», quintessenza del carattere ambiguo ed ingannatore del personaggio. Infine, il personaggio di Unulfo è cantato da Rafał Tomkiewicz, un controtenore dalla nobile linea di canto, dalla facilità e chiarezza d’emissione, che dona un’ottima interpretazione del ruolo – riesce assai bene la sua aria più celebre, «Fra tempeste funeste a quest’alma».
Il battesimo in Accademia di Rodelinda può dirsi, dunque, riuscito, con un apprezzamento del pubblico in sala; benché, come notato, il cast dei cantanti non sia uniforme per qualità e riuscita, la serata è assai piacevole: del resto, la bellezza della musica di Händel mette, certamente, tutti d’accordo.
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