Regina sarete!
Si conclude felicemente a Fano la coproduzione di Un ballo in maschera fra Festival Verdi e Rete Lirica delle Marche (lo spettacolo poi approderà a Bologna con altro cast). Desta interesse la prova di Giuseppe Mengoli, che subentra sul podio a Fabio Biondi.
FANO, 28 e 30 novembre 2024 - Come si fa a dire che il libretto di Un ballo in maschera sia brutto? Fa egregiamente il suo lavoro, fornisce a Verdi situazioni e parole sceniche che s'imprimono immediatamente nella mente, è ricco di figure retoriche anche sottili ma che non soffocano mai l'espressione teatrale, è pervaso come un fil rouge da potenti immagini di sangue e morte. Il compositore drammaturgo ha buon gioco, su questa base, a creare effetti formidabili, come quando a suggello del primo quadro del terzo atto (che capolavoro quell'accostare il terribile patto e la levità di Oscar!) unisce l'esclamazione dei congiurati al lieto invito del paggio alla padrona di casa: “Morte! - Regina sarete!”.
In effetti, la morte regna sovrana nei versi di Somma come nello spettacolo firmato da Daniele Menghini (regia) con Davide Signorini (scene), Nika Campisi (costumi) e Gianni Bertoli (luci). Ne avevamo già tessuto le lodi al debutto a Busseto [Busseto, Un ballo in maschera, 27-28/09/2024] e le rinnoviamo ora, per l'ultima tappa del viaggio nella Rete Lirica Marchigiana. È uno spettacolo intelligente, ricco di riferimenti e piani di lettura, ma pure con una cifra estetica immediata e una fruibilità che coinvolge i più piccoli nell'anteprima per le scuole come i più grandi nella recita serale.
Nondimeno, meritano ancora applausi i giovani del cast, che dal nido bussetano spiccano il volo verso i teatri marchigiani. Davide Tuscano, Riccardo, si conferma un tenore assai promettente, dotato di quella comunicativa innata che suscita subito simpatia e lo mette in relazione con il pubblico; la voce è davvero bella, virile e giovane insieme, e se saprà gestirsi bene senza bruciare le tappe potremo senz'altro fare affidamento su un ottimo artista per il futuro. Continua a piacere anche il Renato nobile e ben timbrato di Hae Kang, dall'emissione limpida regolata da un'ottima articolazione del testo italiano. Ilaria Alida Quilico colpisce per la naturalezza del porgere che non lascia mai trasparire alcuno sforzo pur in una parte insidiosa come quella di Amelia, resa con voce pastosa e accento appassionato. Né passano, ancora una volta, inosservate l'inesauribile energia e la personalità teatrale di Licia Piermatteo nei panni di Oscar. Conforta pensare che questa compagnia di canto sicuramente passibile di evoluzioni ma già così sicura e consapevole dei propri mezzi, affiatata e complice, abbia un'età media inferiore ai trent'anni, perfino nelle voci più gravi, come quella del contralto Danbi Li (Ulrica), dalla quale è legittimo attendersi grandi cose nei prossimi anni. Del pari, merita attenzione la coppia di congiurati (debitamente differenziati dalla regia) composta da Agostino Subacchi (Samuel) e Lorenzo Barbieri (Tom). Giuseppe Todisco (Silvano) completa il cast con Mauro Sagripanti (Un giudice e Un sevo d'Amelia). Il coro del Teatro Ventidio Basso, da settembre preparato da Pasquale Veleno offre una prova in crescendo e viene giustamente festeggiato alle uscite finaliinsieme anche con i danzatori Filippo Bonacchi, Carlo Pucci e Giovanni Rotolo.
Rispetto alle recite di Busseto la differenza più importante si trova in buca. All'entusiasmo e all'emozione dell'Orchestra Giovanile Italiana (a ranghi ridotti date le dimensioni del teatro) succede nelle Marche la matura esperienza professionale e la salda consuetudine con l'opera ottocentesca della Form; sul podio, alla carriera di lungo corso (in altro repertorio) e alle scelte inconsuete di Fabio Biondi, per le recite fanesi subentra Giuseppe Mengoli, trentunenne fresco vincitore del concorso Mahler e, salvo smentite, al suo debutto operistico. La prima, confortante sensazione è quella di normalità: non intesa come banale consuetudine, viceversa come naturalezza dell'interpretazione in rapporto al testo. Sulla base di una buona preparazione tecnica e di un gesto nitido senza fronzoli, Mengoli appare interessato più a far bene che a farsi notare, e non è pregio da poco. Ancor più, però, avendo assistito sia all'anteprima per i giovani e le scuole (di fatto anche la sua prima volta con i cantanti, dopo le letture con sola orchestra), sia alla recita ufficiale, si nota come le legittime cautele in alcuni punti critici il 28 novembre abbiano trovato prontissima risoluzione nella condotta sicura del 30. Mengoli ha dimostrato una consapevolezza e una prontezza di reazione che lo rendono senz'altro uno dei nomi da seguire con maggiore attenzione oggi, anche per saggiarne meglio la personalità d'interprete.
In questa che è stata senz'altro fra le produzioni di livello più alto viste nella Rete lirica delle Marche negli ultimi anni un altro non piccolo motivo di gioia viene, a Fano, dalla partecipazione dei ragazzi delle scuole: soprattutto i più piccoli mostrano un ottimo livello d'attenzione e una partecipazione entusiastica. Poco avvezzi alle abitudini melomani, stentano ad applaudire a scena aperta (e non è per forza un male, dato che si gode della continuità del flusso drammatico verdiano), ma si sciolgono dopo “Morrò ma prima in grazia” e da quel momento il gradimento si fa sempre più tangibile. Negli intervalli, poi, ecco torme di bambini affacciarsi alla buca per osservare incantati gli strumenti e porre domande ai professori della Filarmonica marchigiana. Si scalda il cuore: non è difficile, in fondo, affascinare il nuovo pubblico. Torna alla mente Gianfranco Mariotti quando diceva che portare un bambino all'opera può essere molto più naturale che portare un adulto, perché disposto a credere al fantastico e all'irreale, a lasciarsi accompagnare dalla musica e dalla scena. Ma che succede dopo? Da un lato tutti hanno il diritto di assaggiare, di conoscere per poter scegliere, e non è detto che poi la passioni tocchi tutti poi allo stesso modo (ma abbiamo il dovere di dare la possibilità); dall'altro le esperienza di questo tipo – episodiche o continuative – rischiano poi di essere fagocitate fra i mille stimoli e le mille abitudini dei nostri giorni, senza che si consolidi l'idea dell'opera, del concerto, del teatro come opzione normale e non riservata alla sola ristretta cerchia dei melomani. C'è da rifletterci, mentre ci commuoviamo per un incanto negli occhi dei bambini che merita di essere coltivato e rinnovato.
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