Lo spettacolo
Dopo il clamoroso successo del debutto scaligero con l’allestimento di Tamerlano di Händel lo scorso settembre, Davide Livermore torna al Piermarini per una nuova produzione ricca di riferimenti cinematografici. Se per Tamerlano il riferimento era Eizenstejin, la scena di Don Pasquale si arricchisce di elementi tratti dal cinema italiano degli ultimi anni ’50, quando realismo e sogno, patetismo e comicità si fondevano in uno stile di commedia assai simile al “mezzo carattere” dell’opera di Donizetti. L’ambiente è una Roma in bianco e nero, elegante e fantastica, tra rovine, pini marittimi, nuovi palazzi in costruzione e l’ingresso di Cinecittà. Spiega il regista: “Cadute le maschere, in Don Pasquale emergono i personaggi: sullo sfondo rimangono i brandelli dei ‘tipi’ della commedia dell’arte”. Dopo le recite di Don Pasquale, Livermore sarà a Mosca per un nuovo allestimento de Un ballo in maschera al Teatro Bol’soj cui seguiranno Tosca a Valencia, Norma a Bilbao, Manon Lescaut a Barcellona e Aida a Sidney.
Come per Tamerlano, la scenografia è affidata allo Studio Giò Forma (Florian Boje e Cristiana Picco), un team capace di mettere le tecnologie più avanzate al servizio del teatro, ma anche di grandi eventi come Expo o dei più spettacolari palcoscenici del pop e del rock.
I costumi sono firmati da Gianluca Falaschi, uno dei più richiesti e talentuosi costumisti italiani, già vincitore del Premio Abbiati per Ciro in Babilonia, che a Pesaro nel 2012 aveva segnato l’inizio della riflessione di Livermore sulla permanenza degli stilemi dell’opera nello sviluppo della settima arte.