L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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rosa feola e rene barbera

L’opera

Don Pasquale, settantunesima delle 74 opere di Gaetano Donizetti, va in scena il 3 gennaio 1843 al Théâtre des Italiens di Parigi con un cast leggendario formato da Luigi Lablache, Giulia Grisi, Mario e Antonio Tamburini. Impegnato in diverse produzioni, dalla nuova Caterina Cornaro per Vienna (progetto poi abbandonato e ripreso più tardi per Napoli) alle revisioni di Linda di Chamounix e Maria Padilla per Parigi e alla Maria di Rohan ancora per Vienna, Donizetti lavora alacremente: “Don Pasquale - scrive - mi è già costato più di dieci giorni di fatica”; e ancora: “Sai tu che in 24 ore ho fatto due atti (non strumentati, veh!)? Quando il soggetto piace, il core parla, la testa vola, la mano scrive…”. Di queste righe occorre ritenere soprattutto l’attaccamento del compositore al soggetto: lui stesso aveva scelto di far riscrivere da Antonio Ruffini il libretto di Angelo Anelli per il Ser Marc’Antonio musicato da Stefano Pavesi per la Scala nel 1810, e si era poi accanito sul suo poeta con tante critiche, tagli e rifacimenti che il Ruffini aveva rinunciato alla firma e sul libretto finale erano rimaste solo le iniziali M.A., da alcuni erroneamente riferite al factotum di Donizetti, Michele Accursi. Alla cura dei versi corrispondeva, pur nell’infernale rapidità, la cura delle note: “Figuratevi – scrive ancora Donizetti – se l’autore buttava giù per Parigi e per Vienna”. Don Pasquale, salutato alla prima da appalusi dopo ogni pezzo e da un autentico trionfo alla fine, è in effetti un capolavoro, come d’altra parte Maria di Rohan nel campo dell’opera seria. L’apparente ossequio alla tradizione e alle forme dell’opera buffa vi è contraddetto da un’inedita estensione dell’elemento sentimentale, mentre i personaggi virano dagli stereotipi di tradizione (il senex amans, la coquette, l’amoroso) per acquistare spessore psicologico e rilievo drammatico in un quadro di crudelissimo disincanto: non a caso Donizetti volle fortemente che l’azione fosse ambientata “nella Roma contemporanea” con costumi “alla borghese moderna”.


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