L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

pietro spagnoli

L'arte della voce

 di Federica Fanizza

Pietro Spagnoli ha offerto al pubblico di Lugo di Romagna una sapiente lezione di storia della musica al repertorio fra Barocco e Classicismo gettando uno sguardo fino alla maturità di Rossini e Verdi.

LUGO, 28 dicembre 2016 - Si è avviato alla conclusione con gli ultimi appuntamenti di fine dicembre il festival Purtimiro, la nuova rassegna di musica barocca con la direzione artistica di Rinaldo Alessandrini.

Dopo due anteprime in novembre con musiche di Mozart, Rossini, Mercadante, Haydn, compositori che hanno un debito di riconoscenza nei confronti dell’estetica barocca, e con un omaggio tutto locale al genio rossiniano e ai suoi primi maestri lughesi, un cartellone tutto giocato fra Sei e Settecento si proietta nuovamente ai limiti del Classicismo con un recital di canto incentrato sulla vocalità all’italiana e all'opera buffa fino ai vertici rossiniani e agli ultimi, nostalgici, echi verdiani.

Su palcoscenico del teatro Rossini di Lugo Pietro Spagnoli, accompagnato al pianoforte da Giulio Zappa, ha presentato un programma articolato fra pagine di Christoph Willibald Gluck, Tommaso Giordani, Gioachino Rossini, Florian Leopold Gassman, Wolfgang Amadeus Mozart, Antonio Salieri, scaletta che ricalcava, in parte, il suo recital presentato l’estate scorsa al ROF di Pesaro [leggi la recensione].

Accattivandosi l’attenzione del pubblico, Spagnoli ha saputo essere interprete attento e misurato, sia che si trattasse di arie più desuete, sia nel repertorio più popolare e frequentato; ha dosato ironia e malinconia e reso con la giusta vena di comicità l’aria dall'Opera seria di Gasmann (1769), sottile parodia delle disavventure di un impresario teatrale, e quella dal Falstaff di Salieri ("Nell’impero di cupido") del 1799, così come la solennità di Rodomonte nell’ Orlando Paladino di Haydn (1782).

Nella seconda parte del concerto che Spagnoli mostrato raffinatezza se possibile ancor maggiore con pagine da Don Giovanni (recitativo e aria del catalogo di Leporello) e dalle Nozze di Figaro (l’aria del conte d’Almaviva e, di Figaro, “Aprite un po’ quegli occhi”). Anche dalla Cenerentola rossiniana ha proposto due diversi personaggi: Dandini con “Come un’ape nei giorni d’aprile” e Don Magnifico con “Sia qualunque delle figlie” ribadiscono la versatilità artistica e vocale del baritono romano, che ha trovato un complice attento, come già a Pesaro, in Giulio Zappa, pianista capace di elevarsi al di sopra della routine del mero accompagnamento.

La sorpresa della serata è venuta al momento dei bis, concessi a seguito delle ripetute chiamate del pubblico. Si scopre così che Spagnoli aveva in corso una forte influenza e aveva comunque voluto tener fede all'impegno anche in nome del rapporto, consolidato da tante esperienze concertistiche e teatrali, con il direttore artistico Rinaldo Alessandrini. È stato, dunque, con piacevole stupore che abbiamo ascoltato il monologo dell'onore dal Falstaff di Verdi: qui la lezione di belcanto è emersa in tutta la sua forza, dando al personaggio una dimensione nostalgica, un senso di nobiltà e orgoglio perduti.

A conclusione della serata l’aria di Figaro dal Barbiere di Siviglia ha suggellato un pieno successo.


 

 

 
 
 

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