L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Wagner e Mahler

 di Stefano Ceccarelli

Daniele Gatti – che sostituisce l’atteso Temirkanov – torna sul podio dell’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con un programma denso e impegnativo: il Siegfried-Idyll di Wagner e la Quarta sinfonia di Mahler (con Rachel Harnisch a cantare il Lied finale). Il concerto è un successo.

ROMA, 12 gennaio 2018 – L’universo estetico e musicale che accomuna Wagner e Mahler è ben chiaro a chi ne ascolti consecutivamente due pezzi così significativi come il Siegfried-Idyll e la Quarta sinfonia, ambedue, peraltro, specificamente legati all’universo immaginifico infantile. La scelta di Daniele Gatti di eseguirli uno dopo l’altro, quindi, è ben pensata e non stanca minimante l’ascoltatore: la sua magnifica direzione tiene incollata l’attenzione alla musica per ben oltre un’ora e mezza di musica. Sul podio dell’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ci sarebbe dovuto essere, in questa occasione, Temirkanov che – per motivi personali – non ha potuto eseguire il concerto. Gatti, impegnato a Roma nell’allestimento del Rigoletto che ha aperto la stagione del massimo teatro capitolino, ha ben potuto sostituire tempestivamente il collega, eseguendo splendidamente i pezzi in programma.

Il concerto si apre, come già detto, con il Siegfried-Idyll di Richard Wagner, dono all’amata moglie Cosima Liszt per il suo compleanno, circa un anno dopo la nascita del loro primo figlio maschio, appunto Sigfrido. Il poema sinfonico, trapunto di raffinatezze musicali e tutto introspettivamente volto a cogliere l’essenza dell’amore e dell’armonia famigliare, oltre che il ricordo della nascita dell’amore fra Cosima e Richard, è una «musica, tramata di immagini, di ricordi, di richiami segreti, l’eco delicata di una passione» (F. Serpa, dal programma di sala). Gatti ne coglie perfettamente l’essenza: culla dolcemente il tema principale, curando nei vari sviluppi i colori di una musica quasi sussurrata, fatta di dolci passaggi che si armonizzano magnificamente assieme. Gatti cura la coesione, i respiri dell’orchestra: il risultato è pregiato e godibilissimo.

Pochissimi minuti e il direttore attacca la Sinfonia n. 4 in sol maggiore per soprano e orchestra di Gustav Mahler. Gatti legge l’intera partitura con encomiabile chiarezza, spaginando con dovizia di attenzioni, persino alle più nascoste sfumature, le trame musicali di Mahler. Del I movimento (Bedächting. Nicht eilen) il direttore esalta le sonorità infantili e di gusto quasi settecentesco: i campanelli, la dolcezza del tema di matrice schubertiana, e così via. Accanto a un gusto certosino nella dilatazione dei momenti musicali, Gatti non è però dimentico di quei passi in cui il volume orchestrale si gonfia compattamente, a creare una massa sonora imponente (in questa sinfonia, comunque, meno che in altre mahleriane). Il successivo Scherzo (II: In gemächlicher Bewegung) emerge in tutta la sua vividezza di colori, irruviditi dall’intervento del violino “scordato”: Gatti calibra magistralmente questa «danza macabra […] svolta con una eleganza che non contraddice l’assunto di leggerezza dell’intera sinfonia» (A. Quattrocchi, sempre dal programma di sala). Il direttore, poi, nell’affrontare il monumentale III movimento (Ruhvoll), recupera quei respiri dilatati già esperiti nel Siegfried-Idyll, spaginando la lunga trama, l’infinita tavolozza di colori, una vera e propria «purificazione sonora» (A. Quattrocchi), ancora con magistero e senso in particolare dei volumi, che dosa nei vapori orchestrali come pure, di converso, nelle esplosioni finali del movimento, dove il suono orchestrale sale terso e compatto. Durante le ultime note del III, Rachel Harnisch, elegantissima, avanza nobilmente fino a posizionarsi in alto dietro l’orchestra; l’effetto che vuole creare Gatti nel IV movimento (Sehr behaglich. “Das himmlische Leben”) è quello di una voce celestiale che emerge quasi retroscenica, attutita. La Harnisch dona un’interpretazione toccante del Lied Das Himlische Leben (tratto da Des Knaben Wunderhorn di Brentano e von Arnim), in cui il suo timbro etereo ben esprime le visioni carnascialesche di un paradiso che assomiglia troppo a un Paese di Cuccagna e che getta una luce sinistra sui desideri alimentari dei poveri bambini dell’epoca. Gatti culla dolcemente l’orchestra, a sua volta sorreggente la celestiale melodia del soprano, che ha echi di sonorità alpine, senza mancare di sottolineare i passaggi più ambigui dell’orchestrazione. Gli applausi, alla fine, sono duraturi e sinceri, ben tributati a un’ottima serata di musica.

foto Musacchio Ianniello e Pasqualini


 

 

 
 
 

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