L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Rossini: scalo a Bologna

di Roberta Pedrotti

L'allestimento pesarese, ambientato da Barbe & Doucet in un porticciolo, approda al Comunale di Bologna: confermato il direttore Michele Spotti e rinnovato parzialmente il cast, Il signor Bruschino riscuote un meritato successo.

BOLOGNA, 18 febbraio 2022 - Sebbene diffuso nella disposizione irrituale imposta dal covid, Il signor Bruschino si era rivelato quest'estate come lo spettacolo più equilibrato e complessivamente riuscito del Rossini Opera Festival 2021 [Pesaro, Il signor Bruschino, 07/08/2021]. Ora, riprendendo l'uso antico, quando ancora l'orchestra felsinea passava l'estate a Pesaro, dopo pochi mesi la produzione approda al Comunale di Bologna e si colloca comodo, finalmente, con strumenti in buca e  pubblico in platea. L'allestimento di Barbe & Doucet viene ripreso da Luca Baracchini, sul podio c'è ancora Michele Spotti, nel cast si riconfermano Giorgio Caoduro (Gaudenzio), Manuel Amati (Bruschino figlio), Gianluca Margheri (Filiberto) ed Enrico Iviglia (Commissario). Le aspettative sono rispettate, sebbene non si possa parlare di replica esatta perché, anche al netto dello spazio differente, questa è la natura del teatro: l'eguale non potrà mai ripetersi.

Il lavoro dei registi, scenografi, costumisti franco canadesi resta agile, chiaro, ben congegnato, benché la ripresa, rispetto alla mano originale, risulti talora un po' meccanica, meno approfondita e spontanea nelle caratterizzazioni. Per la prima volta di fronte ai complessi del Comunale, Spotti, dal canto suo, ribadisce non solo il suo talento, ma anche la sua maturità, la sicurezza nel condurre il gioco con bel piglio fluido, tempi pimpanti ma mai forsennati, estatici ma mai sdilinquiti, ricerca minuziosa di contrasti dinamici. Caoduro torna a essere un ottimo Gaudenzio, non lo stereotipo del tutore un po' burbero ma di buon cuore, bensì un uomo onesto, affettuoso, pure soggetto a quegli stessi orgogli e puntigli che rimprovera al prossimo. Margheri continua a disimpegnarsi nei panni del locandiere, Iviglia fa bene la sua parte, mentre Manuel Amati si ritaglia un cameo sempre più rifinito come scapestrato più ebbro che pentito.

Fra i nuovi arrivi spicca Simone Alberghini, che nel ruolo del titolo tratteggia un azzeccatissimo rovescio della medaglia di Gaudenzio: impagabile umarel brontolone (dal dyskolos Cnemone di Menandro alla maschera moderna del pensionato osservatore di cantieri il passo non è lunghissimo, in fondo) capace, una volta compreso l'inganno, di trasformarsi in benefico aiutante degli innamorati. Hasmik Torosyan ottiene un bel successo come Sofia, che affronta con la sicurezza di chi si è formata all'Accademia rossiniana di Pesaro, anche se c'è la sensazione che lo sviluppo della voce la stia conducendo, con un centro più pieno e ombreggiato, verso altri lidi. Meno a fuoco risulta il Florville di Pierluigi D'Aloia, vocalità ancora piuttosto acerba e non sempre controllata nel vibrato. Francesca Cucuzza è una Marianna dalla voce penetrante.

Sembra incredibile, ma Il signor Bruschino non si vedeva al Comunale da ventisei anni (e, allora, si trattò di una collaborazione con il Conservatorio: bisogna risalire al 1988 per delle recite, coprodotte con Pesaro, di una qualche rilevanza). Certo, una farsa di novanta minuti fatica a "far serata", come si suol dire, ma Rossini merita sempre e in sala si respira l'atmosfera della scoperta: pubblico attento che si scalda man mano, applausi infine assai calorosi. 


 

 

 
 
 

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