L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La virtù del violoncello

di Roberta Pedrotti

Splendida prova di Ettore Pagano, solista nel Concerto-rapsodia per violoncello e orchestra di Chačaturjan per la stagione sinfonica del Comunale di Bologna. Meno convincente l'energica direzione di Lorenzo Passerini in Weber e Čajkovskij.

BOLOGNA, 6 maggio 2023 - La serata non parte benissimo, con una sinfonia dell'Abu Hassan di Weber più chiassosa che colorita, più confusa che festosa ed esotica. Tuttavia, all'apparire del solista Ettore Pagano le cose cambiano radicalmente, come se il talento davvero fuori dal comune del ventenne violoncellista imprimesse una svolta trascinando tutti con sé. Anche il gesto nervoso e irruente di Lorenzo Passerini trova nella scrittura frastagliata di Chačaturjan un ambiente più consono, seguendo, nel Concerto-rapsodia per violoncello e orchestra la centralità del solista, parte pensata e tenuta a battesimo da Rostropovič.

È un peccato che questo concerto non si ascolti più spesso, ma, d'altra parte, si tratta anche di un cimento di grandissima difficoltà, continua tensione, una libertà di costruzione (da cui la definizione anche di rapsodia) che alterna complesse articolazioni, richiami folclorici e orientaleggianti, scatti brucianti, ampie cadenze, lirismo e assertiva percussione. Pagano è a tutti gli effetti impressionante per il controllo tecnico, la lucidità, la qualità del suono, la padronanza dei colori e l'eloquenza intelligente del fraseggio. Insinua con gusto l'esotismo, sa essere morbido nel legato quanto spericolato in un virtuosismo rapido e sgranato, è sempre musicalissimo e mai meccanico, fa sentire la sua personalità senza bisogno di pose estroverse o effetti appariscenti. Insomma, non è solo un enfant prodige (alla sua età il curriculum è già impressionante), ma un artista con una solidità che lascia immaginare grandi sviluppi per il futuro.

Al termine del Concerto-rapsodia il pubblico esplode in un'autentica ovazione, pienamente meritata e rinnovata dopo il bis, un brano di Giovanni Sollima in cui il violoncellista è chiamato anche a cantare una sorta di nenia con il bordone dello strumento che prende via via la ribalta nella sezione centrale prima di tornare a fondersi con il vocalizzo. Ulteriore prova della maturità tencica e interpretativa di Ettore Pagano.

Dopo l'intervallo, invece, la tensione torna a calare, con una Seconda sinfonia “Piccola Russia” di Čajkovskij che Passerini travolge restando in superficie di un testo senz'altro non semplice, ma che proprio per questo richiederebbe ben altra varietà dinamica e ben altra cura del suono. La veemenza, specie là dove il compositore distribuisce a piene mani esche allettanti in questo senso, comunque paga e alla fine gli applausi sono copiosi come le acclamazioni.

foto Dino Russo


 

 

 
 
 

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