Rigoletto al tempo di Vichy
di Luigi Raso
Convince nel complesso il Rigoletto diretto da Daniel Oren con la regia di Giandomenico Vaccari. Spicca la Gilda di Jessica Pratt
SALERNO, 1° giugno 2025 - Rigoletto torna in Francia potrebbe essere la definizione sintetica per lo spettacolo che, al giro di boa della Stagione 2025 del Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno, va in scena nel teatro salernitano. L'opera tratta dal dramma Le roi s'amuse (1832) di Victor Hugo ritorna in patria: non negli splendori della corte cinquecentesca di Francesco I (il sovrano che, sconfitto e fatto prigioniero nel 1525 da Carlo V, lamentò che “tutto è perduto tranne l'onore”), bensì nel periodo più buio della storia recente, durante l’occupazione nazista del 1941. La messinscena è dominata da ambienti cupi e costumi - entrambi firmati da Alfredo Troisi - ben realizzati, precisi nei loro riferimenti didascalici: nell’atto II, dall’opprimente colore militaresco, troneggia il ritratto inquietante del collaborazionista maresciallo Philippe Pétain. Evocative della corruzione morale degli occupanti nazisti è la coreografia di Pina Testa.
Nello spettacolo firmato da Giandomenico Vaccari, infatti, il duca diventa il capo gangster di un gruppo di malavitosi dediti allo sfruttamento della prostituzione, ad omicidi su commissione, ad ogni genere di crimine. Trasposizione di luogo (da Mantova alla Francia) e di tempo (dalla corte rinascimentale del XVI secolo al 1941), dunque, per una regia che, a conferma dell’atemporale universalità dei temi del teatro di Verdi, reinterpreta la drammaturgia di Rigoletto con coerenza, gusto e con una ponderata cura dei movimenti scenici e della recitazione.
Il versante musicale si giova della ispirata direzione di Daniel Oren, che ancora una volta sale in cattedra per insegnare - e qualche direttore giovanissimo e meno giovane potrebbe ben apprenderne tecnica e arte - come governare al meglio il complesso rapporto dei volumi sonori tra palcoscenico e buca, come si accompagna il canto e si respira con esso, come si soccorre l'interprete nei momenti di difficoltà che nel corso di uno spettacolo lirico puntualmente si verificano, come si controlla una compagine orchestrale, la si tiene unita e si traggono da essa i colori e gli accenti più adeguati al passo teatrale e musicale.
Sotto la direzione del maestro israeliano, infatti, l’Orchestra Filarmonica Giuseppe Verdi di Salerno si dimostra disciplinata, coesa e sfoggia bel suono. Sullo stesso livello qualitativo si attesta il Coro del Teatro dell’Opera di Salerno, istruito da Francesco Aliberti, particolarmente incisivo in “Zitti, zitti, moviamo a vendetta”.
Nel complesso interessante e composto da nomi di rilievo internazionale il cast vocale schierato.
Arturo Chacón-Cruz veste i panni del Duca di Mantova: mezzi ed esuberanza e scenica di certo non difettano al tenore messicano, al pari di acuti di buono squillo, bronzo e proiezione, tuttavia la fonazione, soprattutto nel registro centrale, è spesso “in gola”, la linea spesso forzata. Il suo Duca, ad ogni modo, convince per la straripante comunicativa.
Voce dal significativo peso specifico, dal buon squillo, con profonda proiezione sono le caratteristiche del Rigoletto di Roman Burdenko; peccato però che la tecnica non consenta al baritono russo il totale controllo del canto, talora inficiato, in particolare nel legato e nei pianissimi - non sparsi a profusione, in verità - da imprecisioni nell’intonazione e da una diffusa genericità d’accento.
Jessica Pratt torna a giudizio di chi scrive, a una delle parti proprie e più congeniali per la sua naturale vocalità: la sua è una Gilda eterea, impreziosita da pianissimi ben controllati, che sfoggia acuti quasi sempre precisi e luminosi. Lunare e incisiva al tempo stesso, si trova in simbiosi con la direzione di Daniel Oren, che la sostiene nel corso dell’opera con il suo accompagnamento raffinato e tarato sulle necessità del soprano australiano.
Carlo Striuli presta la sua emissione eccessivamente cavernosa e stentorea alle parti del Conte di Monterone e Sparafucile.
Vocalità generosissima, fonazione dalla tipica inflessione slava per la credibile e convincente Maddalena di Alisa Kolosova, la quale punta a definire il lato lascivo del personaggio con affondi dall’ampia risonanza nei registri grave e medio.
Decorosi tutti i ruoli secondari, a cominciare dalla Giovanna di Miriam Tufano, così come gli affidabili Marullo di Italo Proferisce, Matteo Borsa di Vincenzo Peroni, il conte di Ceprano di Michele Perrella, la contessa di Ceprano e un paggio della Duchessa entrambi interpretati da Miriam Artiaco, un usciere di corte di Antonio De Rosa.
L’entusiasmo e l’apprezzamento del pubblico, crescenti nel corso della rappresentazione (vengono bissati, a sipario chiuso, “Sì, vendetta! Tremenda Vendetta!” e “La donna è mobile”), si tramutano in calorosissimi e prolungati applausi finali, con punte di ovazione per Jessica Pratt e Daniel Oren.
A Salerno l’appuntamento per gli appassionati d’opera è fissato per il 24 e 26 ottobre, quando andrà in scena Carmen di Bizet, affidata alla direzione di Daniel Oren e alla regia di Plamen Kartaloff.
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